EMPOLI. Il cibo come riscatto sociale, come sfogo alla creatività. Il cibo per conoscere gli altri, per scambiarsi esperienze. Il cibo per incontrarsi, per trovare la pace o riscoprire l’amore. Come un nuovo punto di partenza. Come resurrezione. Se in cucina c’è Fede, si può. Perché Fede – Federica Continanza – chef, insegnante, creatrice di eventi, tra i fornelli fa tutto questo.

E lo fa da sempre. Da quand’era poco più che una bambina. “Una passione nata quando avevo undici anni _ racconta Federica che oggi ne ha 38 – I miei genitori stavano fuori tutto l giorno per lavoro. Abitavamo in una casa di campagna. Giocavo con la stufina a legna, con la quale ho sperimentato i primi dolcetti, scimmiottando quel che vedevo fare a mia nonna”.

E da lì è partito tutto?

“A un certo punto mi sono detta: se preparassi io la cena per i miei genitori, sorprendendoli quando tornano a casa? Ho iniziato così, ma ben presto la cucina è diventato anche il luogo dove combattere le mie battaglie personali. Le mie prime conquiste”.

E anche i primi lavori lontani da casa.

“ a 17 anni mi sono trovata aiuto cuoca. Due anni dopo ero già cuoca e ho cominciato a organizzare i primi eventi”

L’inizio di un nuovo percorso?

“Ho studiato e messo a punto dei piatti etnici: arabo, spagnolo, asiatico. Cibi che ho proposto con eventi”

E quando si è avvicinata alla pasticceria?

“Dopo la nascita di mio figlio, sette anni fa, ho scoperto che la mia percezione dei sapori era cambiata. Che alcuni cibi non mi piacevano più. Ho cominciato ad avvicinarmi alla pasticceria, ho preso passione per i dolci”.

Lei sta ai fornelli non solo per preparare cibo, ma anche per dare agli altri le esperienze che ha maturato nella sua carriera.

“Ho cominciato andando a preparare i cibi a domicilio. Armata con la mia valigetta a casa degli altri per preparare interi menù. Poi, grazie anche alla lungimiranza di alcuni operatori turistici, è partito il progetto di coking class, che svolgo con i tusisti stranieri che soggiornano in alcune strutture turistiche della nostra zona. Insegno la cucina italiana agli stranieri. Ma, devo confessare che, per me, questa esperienza è come girare il mondo stando ferma in un posto. Con i miei allievi occasioni c’è un continuo scambio di esperienze, di cultura. Si crea socialità”.

Il sociale è l’altro grande impegno per la sua attività.

“E questo grazie a un progetto che sto portando avanti con un’agenzia di formazione, l’Apab di Firenze: un corso per preparare giovani, minori usciti dal carcere e disoccupati. Un modo per far conoscere e apprezzare loro una nuova professione che potrebbe anche dare una spinta per ripartire, per riprendere fiducia nelle proprpie possibilità”

Federica nel ruolo di motivatrice sociale.

“Provo a fare anche questo. Ma attraverso i piatti, le pietanze. Sempre con la Apab, ad esempio, stiamo realizzando un corso per diventare cuochi, con tanto di stage, riservato a gente disoccupata. Lo svolgo in collaborazione con la Dinamo Camp che ha accolto l’iniziativa: ho avuto modo di confrontarmi con persone anche di cinquant’anni e oltre che non credevano più nelle proprie capacità e che alla fine si sono sentiti utili proprio perché hanno imparato come si sta ai fornelli”.

E i risultati ci sono?

“Certo. Uno degli allievi del corso con i minori, entrerà a far parte, a breve, della mia brigata di lavoro. Altri sono entrati in contatto con ristoratori e imprenditori che li hanno avuto alle loro dipendenze per uno stage e che ne hanno apprezzato le qualità lavorative. Per me è molto importante: è come dare loro la possibilità di ripartire, di cominciare da capo. Che poi è quel che è accaduto a me, tante volte, nella mia vita”.

Quindi per lei la cucina è anche un gesto d’amore?

“Soprattutto questo. E lo dico pensando proprio al motivo principale per il quale io da ragazzina mi sono avvicinata ai fornelli: ho iniziato a cucinare per i miei genitori, prima di tutto perché volevo dar loro u amano, visto che tornavano tardi. Ma ben presto quel cibo è diventato, per me, un mezzo per perseguire la pace, l’amore. Li vedevo discutere, affannati dal lavoro e dal tempo che non era mai abbastanza. E facendo trovare loro la tavola imbandita e le pietanze pronte, avevo come la sensazione, ma anche la certezza, di aver regalato loro dei omenti di pace, dei quali anche io godevo”.

E’ questo lo spirito con il quale affronta anche la cucina come terapia per le coppie in crisi?

“Beh, può esserlo, anche se il percorso terapeutico è un po’ più complesso e anche più denso di soddisfazioni: non accade sempre, ma molte delle coppie che provano a stare insieme ai fornelli per superare degli ostacoli, alla fine tornano insieme, d’amore e d’accordo”.

Come funziona?

“Le coppie arrivano da me dopo essere stati da uno psicoterapeuta che, tra i tanti percorsi propone anche quello della cucina. Io cerco di capire da loro gusti e passioni e insieme cercano di realizzare pietanze o dolci, seguendo le indicazioni che do loro. Ma, sempre in tema di coppie, ho organizzato anche alcune serate enogastronomiche, per far incontrare e far socializzare, tra loro, cinquanta sconosciuti : una specie di Speed-date culinario”.

Lavora anche con i bambini ai fornelli?

“Facciamo dei laboratori nei quali l’obiettivo è quello di coinvolgere i bambini e far scoprire loro nuove pietanze, nuovi cibi. Ad esempio li spingo ad assaggiare nuovi sapori, con piccoli giochi: un cavolfiore che si trasforma in una pecorella è il modo per avviarli alla gioia di mangiare verdure, sempre così difficile con i bambini”.

Oggi le parole d’ordine, ai fornelli, sembrano essere due: l’arte dei riciclo e il vegano.

“Sull’uso delle materie utilizzo la stessa filosofia che ho usato con me stessa: c’è sempre una nuova possibilità. E quindi, non si getta mai niente. Sapete che questo è uno degli aspetti più difficili da far capire ai giovani che vogliono imparare il mestiere: alla mia brigata lo predico sempre. Mai buttare via qualcosa. Anche la buccia di un pomodoro si può riciclare, riutilizzare, trasformare e usarla per una guarnizione”.

E sul cibo vegano?

“Quando ho cambiato la percezione dei sapori ho scoperto che quel che mi piaceva era molto vicino al cibo vegano. Così mi sono messa a cucinare, soprattutto dolci. Sto istruendo una brigata di giovani nella cucina del ristorante letterario fiorentino delle Giubbe Rosse. Qui propongo una serie di piatti vegani ma soprattutto una pasticceria vegana, gluten free e senza zucchero. E oltre a cucinare, organizzo anche incontri enogastronomici,nei quali racconto queste esperienze”.

Questo è il presente. E il futuro?

“Quello più immediato mi vedrà protagonista di un blog personale sul web, nel quale vorrei raccontare ogni mia esperienza davanti ai fornelli”.

C’è anche un sogno, nel cassetto?

“Da un bel po’ di tempo. Vorrei scrivere un libro per raccontare agli altri l’importanza che hanno avuto – tra la vita e i fornelli – alcune persone”.

Ad esempio?

“La nonna. Forse è proprio guardando lei, ogni giorno, da bambina, che mi è venuta la voglia di imitarla e di seguire questo mestiere”.

Nel video  (gentilmente concesso dall’autore, Valerio Ricci) una ricetta vegana di Federica Continanza

https://youtu.be/jessmpZXUXM

 

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