Se c’è un aggettivo che gli si addice è: innovativo. Nel senso che il suo percorso va in un’unica direzione, la ricerca del nuovo. Nei suoni e nei colori. Senza, però, perdere i contatti con la tradizione. Così è l’opera di Danilo Vignola, musicista e pittore, ma anche poeta di Genzano di Lucania quando si mette davanti a una tela o imbraccia l’ukulele.Già, l’ukulele: l’incontro con questo strumento (una chitarrina di origine hawayana, con quattro corde) avviene quasi per caso:  a Barcellona, mentre Danilo va in giro per negozi di strumenti musicali, in cerca di una nuova chitarra tradizionale. E’ amore a prima vista. Ed è l’opportunità per compiere i primi passi, verso strade nuove. Nuove sonorità, nuovi giri armonici. Il resto lo fa la tecnica e lo studio: viene nominato in America il miglior strumentista di ukulele elettronico al mondo; le sue composizioni vengono utilizzate nelle antologie e nei manuali didattici pubblicati in ogni angolo, i premi che gli vengono assegnati si susseguono. E lui, in coppia col percussionista  Giò Didonna, porta in giro, il risultato di queste esperienze in un concerto, il “Revolver tour” (presente anche alla Settimana Lucana a Firenze, il 10 settembre 2017), che, come lui stesso definisce è  “uno spettacolo principalmente ritmico-melodico, tribale, mediterraneo ma non solo”. Insomma, un’esperienza da non perdere.

Lei è ritenuto uno dei migliori suonatori di ukulele elettrico al mondo. Perché ha deciso di dedicarsi proprio all’ukulele?

Fu durante la mia permanenza in Spagna, anni di grande ispirazione. Volevo creare una rottura di genere ed attitudine artistica col passato. Separarmi definitivamente dall’idea rock’n roll filo occidentale. Sistema di controllo di massa che per decenni, nel secolo scorso, ha conquistato con lustrini e fenomeni generazionali la nostra cultura, opprimendo qualsiasi altro sistema di cultura etnica con i suoi tre accordi e dodici battute. Ad oggi, gli strumenti minori stanno avendo sempre più popolarità portando nuove possibilità di espressione e creatività. Stanno nascendo nuove tendenze, ritmi, sistemi armonico-melodici, dai quali ne viene fuori una generazione viva e reattiva; non completamente saltata, inesistente come la mia che si ostina ancora oggi ad adorare inerme miti ed ideologie politiche del “glorioso” passato.

Quand’è nata questa passione?

In adolescenza ho studiato per oltre cinque anni musica classica, privatamente da un direttore d’orchestra, dall’università in poi mi sono dedicato alla musica etnica, l’antropologia ed un po’ al flamenco. Oggi, dopo centinaia di concerti in Italia ed in Europa principalmente insieme all’artista  Giò Didonna che applica alle percussioni la mia stessa finalità comunicativa,  credo di aver trovato una giusta combinazione, unica nel suo genere, quasi inesplorata.

Come ha trovato le sonorità della Basilicata in uno strumento che non è proprio legato al territorio?

L’ukulele ha molto in comune con i suoi parenti cordofoni più in uso come chitarra, mandolino, balalaica… ci si può suonare qualsiasi cosa. Proporre qualche elemento della tradizione lucana fa sì che lo strumento diventi veicolo di informazione etnica e scambio culturale. Per fare un piccolo esempio, scrissi tempo fa una tarantella per ukulele solo dedicata ad una zona del mio paese: Monteserico; la composizione è stata inserita, insieme ad altre, in alcuni capitoli di un metodo didattico ed un’antologia, pubblicati uno a San Francisco e l’altra in Giappone, scritti da amici e maestri di chitarra ed ukulele. E’ bello vedere che nel piccolo, attraverso la cultura di uno strumento, appassionati da altre parti del mondo possono conoscere, suonare e condividere un qualcosa di Lucano. Numeri molto contenuti ovvio, ma comunque sono piccole conquiste.    

Cos’è per lei la tradizione e come la reinterpreta?

Do sempre priorità alla composizione, la scrittura, nelle quali inserire elementi della tradizione e del mediterraneo, che offrono spesso una soluzione godibilissima. Con Giò Didonna nei concerti inoltre, diamo sempre priorità alla dimensione artistica e creativa permeata da elementi della cultura. Quasi mai il contrario che spesso offre al pubblico più che un’esperienza nuova, un compitino, una esecuzione fine a se stessa. 

C’è spazio in Basilicata per esprimere strade innovative nel settore della musica?

Certo che sì, anche se risulterebbe molto più facile inventarsi un nuovo Rinascimento Italiano che sdoganare certi concetti pre-confezionati di provincia. L’esibizione dovrebbe superare il limite  dell’intrattenimento, fregarsene del gusto comune (che poi non esiste) e suscitare nella gente il “non avrei mai pensato” , “se non fosse stato per quell’artista”. L’arte dev’essere un’esperienza, bella o brutta che sia.

Che spettacolo sarà quello che presenta alla settimana Lucana a Firenze?

Uno spettacolo principalmente ritmico-melodico, tribale, mediterraneo ma non solo. Quello che portiamo in giro da oltre quattrocento concerti a questa parte in tutta Italia ed Europa con Giò Didonna.

 

Lei è un artista completo:  esprime le sue sensazioni non solo con la musica ma anche con la pittura e di recente,  proprio in Toscana ha ottenuto importanti riconoscimenti…. C’è affinità tra i due mondi?

Se il musicista diventasse un pittore? Fare con la musica come con i colori… Per ragioni di “doveri da intrattenimento” il musicista è rimasto legato a certi canoni, non ha ostato veramente, ecco perché è in crisi. E, se immaginassimo un “surrealismo melodico”, un “simbolismo armonico”, un “futurismo ritmico”… “un action playing” un po’come faceva Jackson Pollock nel suo “action painting” in cui il colore veniva fatto gocciolare spontaneamente, lanciato o macchiato sulle tele, invece che applicato con attenzione. E’ nell’atto fisico della pittura stessa il senso artistico, il colore non è che la conclusione, la testimonianza finale. Potrebbe essere così un giorno anche con le note, chissà! Magari davanti un pubblico sdegnato perché privato del suo intrattenimento a cui il musicista lo ha viziato, col tipico cruccio in viso del “questo saprei farlo anch’io”. Modificando le abitudini si fanno floridi i mercati… Più che dei  dozzinali cantanti da x-Factor, la musica oggi per riprendersi avrebbe bisogno di un Andy Warhol.

Emilio Chiorazzo

IL VIDEO: Danilo Vignola e Giò Didonna in concerto https://youtu.be/Sd2HWgxttwQ

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