E’ la storia dei dimenticati,  degli ultimi. Quelli che la storia l’hanno fatta ma l’hanno anche subita. Piccole storie, singole, che diventano poi, la Storia. Che parla della questione del brigantaggio post-unitario in Basilicata e che diventa, allo stesso tempo, anche tema d’attualità, richiamando ai dimenticati di oggi, agli ultimi, in lotta contro l’oppressione, emigranti in fuga da violenze e povertà. Già, perché i contadini dell’Ottocento lucano, che Giovanni Brancale narra nel suo film Le Terre Rosse, spesso trovano una via d’uscita nel brigantaggio o nell’emigrazione. Oppure, come succede al personaggio della sua storia, Giuseppe Prestone, pagando di persona, troverà una terza via che può diventare anche suggerimento per affrontare le questioni di oggi.

Il film, che il regista ha tratto dal libro Il Rinnegato, scritto dal padre Giuseppe e pubblicato dopo la sua morte, è prodotto dalla Estravagofilm e co-finanziato tramite crowfounding. Si sviluppa nell’arco di trent’anni e parla proprio delle vicende di alcuni giovani ex garibaldini che, crollato il sogno di riscatto legato all’Unità d’Italia, si ritrovano vittime di soprusi e prevaricazioni.

Lunedì 11 settembre sarà presentato in prima nazionale (e a ingresso gratuito) al Cinema La Compagnia di via Cavour a Firenze (alle ore 21) nell’ambito del programma della Settimana Lucana, organizzata dalla Associazione culturale Lucana-Firenze che tiene banco dal 9 al 16 settembre 2017.

Il titolo ne riassume molto bene il contenuto: la terra è il filo conduttore delle esperienze che questi giovani raccontati nel film vivono. Una terra intesa come patria, come luogo di origine. Ma anche come terra rossa, macchiata nella lotta per la propria indipendenza.

“Quella del film _ dice il regista Giovanni Brancale _ non vuole essere una lettura univoca della storia: i tempi erano maturi per l’Unità d’Italia. Ma i piemontesi, alla fine non si sono rivelati solo dei liberatori. Come il brigantaggio non è stato solo l’inizio della rivolta, ma ha offerto tutte le varie anime, di cui conosciamo”.

Medico, con la passione per la cinematografia, Giovanni Brancale, lucano di Sant’Arcangelo,  vive e svolge la sua professione a Firenze da oltre 40 anni. Prima di Le Terre Rosse aveva girato – proprio a Firenze – Il maestro e Margherita, tratto dal romanzo di Bulgakov.

Il film è tratto da un romanzo di Giuseppe Brancale, che è suo padre:nella trasposizione ha prevalso più la storia o il sentimentalismo?

Il libro è Il Rinnegato, scritto da mio padre. Un libro pubblicato postumo, importante perché già negli anni in cui è stato scritto, cercava di raccontare la questione meridionale e quella del brigantaggio con un’ottica diversa.E’ normale che quando una storia viene trasformata in sceneggiatura, subisce modifiche. L’ho personalizzata, senza però, cadere in sentimentalismi. E soprattutto sono stato attento a non avere coinvolgimenti emotivi”.

Ha avuto una gestazione lunga?

“Ci sono voluti due anni per girarlo. Altrettanti per la fase successiva”.

Quale messaggio ha voluto comunicare con questa opera?

Il primo intento è quello di trovare le proprie radici. E poi  c’è la voglia di ripensare alla storia della nostra regione, la Basilicata, che nel film c’è con i suoi luoghi, con le sue tradizioni. Con la sua lingua, perché il film è recitato in dialetto lucano.

Le terre rosse racconta quel che è avvenuto all’indomani dell’Unità d’Italia che, la storia, quella ufficiale, per anni ha raccontato in maniera diversa.

Il film non dà un’altra soluzione della questione. Non racconta una storia univoca, ma illustra in maniera complessa il problema che c’è. Per me è un’occasione di riflessione su un aspetto della storia del nostro Paese.

Dov’è stato girato?

Nelle zone del Vulture, tra Rionero e i laghi di Monticchio, che poi sono i luoghi reali dove il brigantaggio si è sviluppato. A Brindisi di Montagna, alla Grancia, un luogo che ho ritenuto adatto per  una battaglia. E poi ad Aliano, tanto per fare un piccolo omaggio a Carlo Levi. Abbiamo girato delle scene anche nella casa dove ha abitato”.

Dopo la presentazione in prima nazionale a Firenze, che vita avrà questa pellicola?

La porteremo in giro: abbiamo già avuto un invito importante, al quale non mancheremo. Siamo stati invitati a partecipare, il 20 di settembre, a un concorso cinematografico a Nuova Delhi, in India.

Negli ultimi anni, in Basilicata, l’industria del cinema si è sviluppata in maniera incredibile: è un’opportunità anche per l’economia del territorio?

Credo di sì. Ho trovato attori eccezionali, maestranze professionalmente preparati. Tutto questo, però, ha bisogno di essere valorizzato. C’è una Film commission che nei suoi compiti deve fare proprio questo.

Nel suo precedente film, Il maestro e Margherita, aveva scelto come sfondo Firenze, l’altra città alla quale è legato.

Ritengo Firenze la mia seconda patria. Una città che ci ha accolti, senza alcuna distinzione, per le nostre differenze e la nostra identità.

IL TRAILER: https://vimeo.com/150517391

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