“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga”. Sono i versi di Itaca, scritti dal poeta greco Costantino Kovafis, che sottolinea come il fine ultimo di un viaggio non sia soltanto la meta che dobbiamo raggiungere, bensì anche e soprattutto la strada che dovremo percorrere. E lunga è stata la strada percorsa da Loredana Scaiano, insegnante di Lettere e Latino di Tricarico, in provincia di Matera. Cinquant’anni e due figli. Ha fatto il giro del mondo da sola. Seguendo le orme di una donna, Ida Pfeiffer, che quel tragitto lo aveva percorso nell’Ottocento.

Ida Pfeiffer era nata a Vienna nel 1797. Era cresciuta con quattro fratelli maschi e si ribellava alla volontà di una madre, che da lei avrebbe preteso atteggiamenti più femminili. Appena dodicenne, si oppone anche a Napoleone che, da vincitore, impone le sue dure condizioni all’Austria, firmando con Francesco I il trattato di Schönbrunn. La piccola Ida mostra il suo disappunto voltando le spalle al passaggio dell’imperatore. Quando Napoleone torna, la madre, per evitare il ripetersi del gesto, blocca la bambina per le spalle ma lei, al passaggio imperiale, tiene per tutto il tempo gli occhi chiusi.

A 23 anni, spinta dalla madre, sposa un avvocato che di anni ne ha 47. Fallito il matrimonio, anche grazie a una cospicua eredità ricevuta, si dedica alla sua grande passione per i viaggi, coltivata – fino a quel momento – attraverso le letture. Va in Terra Santa e poi, a più riprese, compie molti viaggi, tra cui il giro del mondo.  Più volte. La prima, partendo da Vienna e andando sempre verso ovest, Pfeiffer circumnaviga il globo in due anni e sette mesi, dimostrando  che può fare da sola, senza il supporto di un marito piuttosto che di un amante, insomma senza una figura maschile che la sostenga.

Ed è da questa storia che Loredana è partita. Tanto che, per rendere omaggio a Ida, la sua prima tappa è stata Vienna: lì ha visitato la casa dov’è morta Ida, proprio davanti all’alloggio in cui Beethoven ha scritto la nona sinfonia, e la sua tomba. E poi, da Vienna, tutte le altre tappe: sulle orme di Ida Loredana è approdata in Brasile, in Argentina, in Cile, nell’Isola di Pasqua,  nella Polinesia francese, ad Auckland in Nuova Zelanda,  a Hong Kong, a Singapore, nello Sri Lanka, in India, in Oman, a Dubai, in Iran, Armenia, Georgia, Turchia e Grecia. Quattro mesi e mezzo in viaggio, raccontati in un bellissimo blog (Idaviaggiadasola). Ha conosciuto luoghi e persone. Ma, soprattutto, ha conosciuto meglio anche se stessa.

Com’è nata l’idea?

E’ una cosa che volevo fare da sempre. Avrei voluto prendermi un anno sabbatico per viaggiare, ma non è stato possibile. Poi, quando ho capito che con le leggi vigenti non avrei mai raggiunto l’età pensionabile, ho deciso di affrettare i tempi e di fare il giro del mondo da giovane. Ho cinquant’anni. Lavoro da trenta. Dovrò farlo fino a settanta per maturare la pensione.  Una grande spinta l’ho avuta dalla scoperta di Ida Pfeiffer, che ha fatto il giro del mondo da sola nell’Ottocento. Mi sono detta: se lo ha fatto lei perché non posso riuscirci io, oggi. Al’inizio cercavo un lavoro fuori, un anno itinerante. Ma non è stato semplice. Così ho chiesto alcuni mesi di aspettativa. Ho trovato anche un piccolo sponsor.

Una parte del viaggio è stato dedicato proprio a lei, a Ida.

Sì, sono andata subito a Vienna, dove ho incontrato una professoressa, Petra Unger, con la quale avevo già contatti. Petra mi ha permesso di vedere i posti dove Ida aveva  vissuto. Mi ha raccontato la sua storia. Ad esempio, la tomba dove riposa è stata costruita con i soldi delle donne che gliel‘hanno voluta offrire alla sua morte.

Quant’è durato il viaggio?

Quattro mesi e mezzo. Per motivi di salute ho dovuto ridurlo di qualche giorno. Sono stata male in Iran e, nella tappa successiva, in Armenia, mi sono dovuta ricoverare. Ero quasi alla fine del viaggio, ho ridotto qualche visita. Ad esempio, in Turchia, avevo programmato di esplorare l’interno con i mezzi pubblici, ma ho rinunciato. Ho preso un aereo e sono andata direttamente a Istanbul. Ho visitato la città e poi ho proseguito per Atene. Da qui a Corfù: un ennesimo omaggio a Ida Pfeiffer. Lei da Corfù partì per Trieste, io per Bari, per far ritorno a casa. Corfù è  l’isola dei Feaci, dove Nausicaa accoglie Ulisse, dove inizia l’Odissea, l’ultima tappa prima di Itaca. Sono solo coincidenze, ma il mio viaggio non poteva finire in un luogo più appropriato.

Aveva pianificato tutto dall’inizio?

Alcune cose. Sapevo che avrei toccato tutti i Paesi che aveva visitato Ida Pfeiffer. Da casa avevo pianificato i trasferimenti da uno Stato all’altro. Alcuni, dopo aver contattato le ambasciate, li ho dovuti evitare: come l’Iraq, ad esempio. Ho comprato i biglietti aerei tra Stato e Stato, tranne gli spostamenti che avrei fatto con mezzi diversi. Poi ho contattato persone del posto, per chiedere supporto logistico, per farmi ospitare. Ho incontrato anche molti lucani che vivono all’estero.

Che umanità ha trovato?

Incredibile. Pensi che un lucano che vive in Brasile mi ha ospitato a casa sua per una decina di giorni. Prima di andare via, siccome avevo danneggiato la mia piccola videocamera che mi serviva per documentare il viaggio, mi ha regalato una sua macchina fotografica, con la quale ho scattato foto fino al rientro a casa.

I suoi figli come l’hanno presa?

Mio figlio, che viaggia tantissimo ma mai da solo, mi ha detto subito: “tu sei paccia” (sei pazza, ndr). Mia figlia, che in quel momento si trovava in Inghilterra per studio, mi ha  incoraggiata. Alla fine credo che siano stati orgogliosi di me e della mia impresa. Molti dei loro amici mi hanno anche chiesto l’amicizia sui social…

Cos’è il viaggio per lei?

Questo viaggio non è paragonabile a nessuno di quelli che ho fatto. E ne ho fatti tanti. E’ una scoperta, un viaggio dentro se stessi. Mio padre ci portava tanto in giro, in posti non turistici, autentici, inesplorati. Questo però è un continuo essere di fronte a se stessi. Per cinque mesi sono stata sola, anche se ho conosciuto tanta gente e, con le tecnologie, non si è mai soli. Ma è superare le proprie difficoltà, le proprie paure. A Tricarico, il mio paese, vivo sola, in un posto in campagna. Ci sono dei momenti in cui ho più paura a stare qui, che non in cinque mesi in giro in posti completamente sconosciuti.

Ha avuto disavventure?

Mio figlio aveva proprio questa preoccupazione. Mi diceva: chissà che ti può capitare. Ma in realtà non ho mai avuto grandi problemi. Piccoli inconvenienti sì:  a Varanasi, in India ad esempio, o nello Sri Lanka, capita che qualcuno cerchi di molestarti, magari solo a parole. Ma non mi sono mai sentita in difficoltà. Ho dovuto affrontare questioni spesso organizzative, come i mezzi per spostarsi all’interno dei Paesi. O il posto dove alloggiare. Tutte cose superabili.

Cosa porta dentro di sé di questo viaggio.

Tutto. Ma se proprio devo scegliere un posto, dico l’India. Lascia delle sensazioni indescrivibili. Nel bene e nel male. Mi porto dentro anche la gente del Brasile, un posto dove tornerei anche domani. E la bellezza della Polinesia.

Ripartirà?

Sì. Lavoro quasi solo per questo. Lo farò, ma non subito. Ora devo sistemare la salute. E poi mettere da  parte un po’ di soldi…

Emilio Chiorazzo

 

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