Il suo percorso professionale è da vertigini: oltre 1200 concerti, esibizioni in alcuni tra i più importanti teatri  del mondo e collaborazioni con i più grandi musicisti contemporanei. C’è da aggiungere decine di master classes e seminari, svolti ovunque. Perché oltre a suonarla, la chitarra, la insegna. Giovanni Grano, lucano di origine (è di Rionero in Vulture e veneto di adozione,  ma ritorna frequentemente a Rionero, tra i suoi amici e  nel suo “buen retiro” domestico ), è considerato uno dei concertisti più preparati del panorama musicale internazionale. E’ titolare della cattedra di chitarra al Conservatorio Dall’Abaco di Verona (il suo percorso professionale e artistico si trova sul suo sito web Seicorde);  ha inoltre  insegnato Letteratura poetica e drammatica e Storia ed Estetica musicale e pubblicato diversi saggi di musicologia.

La sua passione per la musica parte da lontano. Dagli studi di pianoforte fatti a cinque anni. Poi c’è la fisarmonica. E quand’arriva la chitarra, nella sua vita, Giovanni Grano la utilizza come avrebbe fatto qualsiasi giovane di quell’epoca: strimpellando le canzoni dei Beatles, di Battisti e dei Rolling Stones.  La folgorazione arriva durante un concerto di Andres Segovia: la bravura del chitarrista spagnolo lo conquista al punto che decide di intraprendere gli studi musicali in maniera seria. Ha solo 16 anni. E un anno dopo sale già su un palco, a Napoli, per un concerto. E’ il primo passo di un cammino lungo e inarrestabile che, tra pochi giorni, lo porterà di nuovo a Napoli. Un percorso che comincia con una chitarra acquistata negli Stati Uniti un anno prima, per appena 50 dollari. E che è frutto della caparbietà tipica dei lucani: si iscrive al Conservatorio di Milano appena finiti gli studi superiori. Si divide tra la musica e l’Università, tra Milano e Bologna, dove deve pensare anche a mantenersi. Si laurea in Lettere e filosofia a Bologna. E con tenacia centra ogni obiettivo che si pone: con le sei corde della sua chitarra Giovanni Grano riesce a raccontare l’anima dei compositori che esegue. E anche la sua.

Come nasce, negli Anni Sessanta e in un paesino del Sud Italia, una forte passione per la musica?

In maniera molto strana. Io inizio presto, a cinque anni, spinto dai miei genitori a studiare pianoforte. Parlo di molti decenni or sono: c’era in paese uno dei pochi maestri diplomati in pianoforte a quell’epoca. Andavo a a casa sua a lezione. L’ho fatto per circa un paio di anni. Mi ci ero affezionato. Ma improvvisamente quel maestro è morto. E io ho avuto una reazione scomposta, non volevo più fare musica. Mi sono fermato. A 12 anni ho ricominciato con la fisarmonica. Poi con la chitarra. Senza grosse pretese, con un insegnante di paese, un anziano professore di  trombone e di contrabbasso.

Quindi le radici musicali sono lucane, partono da Rionero in Vulture.

In realtà, tutto è nato quando a 16 anni mi ero recato  a Roma per assistere  a un concerto di Segovia. Era il primo dei suoi tre concerti ai quali ho assistito. Ci andai con un mio cugino che aveva trovato  i biglietti. Fu la folgorazione.

Però, visto quel che è avvenuto dopo, era già predisposto…

In un certo senso sì. Anche se mi piaceva dell’ altro,  non avendo ancora sviluppato una vera coscienza artistica: suonavo i Beatles, Lucio Battisti e altri cantanti dell’epoca. Avevo comprato anche una chitarra elettrica.

Poi è arrivata la chitarra “classica”.

Ero in America, in visita da alcuni parenti. Vidi in un negozio una chitarra, una Epiphone. Costava cinquanta dollari. La comprai. Mi dissi: perché usare quella artificiale, elettrica? Quella chitarra comprata negli stati Uniti, nel New Jersey  mi ha seguito per tantissimi anni.

E da quel momento è partito un percorso artistico lungo, intenso e di spessore . Sì. Ho deciso di fare musica seriamente. Conoscevo un allievo del maestro Ruggero Chiesa. Mi interessava capire il suo suono, la qualità ed il fascino del suono della chitarra. Mi iscrissi al conservatorio. Avevo appena finito il liceo classico. Il mio maestro è stato proprio Ruggero Chiesa, era allievo di Segovia e di Emilio Pujol, mostri sacri nel campo della chitarra e della musicologia. Era tanta la mia passione che il conservatorio anziché percorrerlo nei dieci anni previsti  l’ho finito in cinque: a 22 anni ero già diplomato. Frequentavo anche l’università a Bologna, Lettere e Filosofia e  facevo la spola con Milano dove ero iscritto al Conservatorio “G. Verdi “. Mi svegliavo alle 4 del mattino 3 volte la settimana. E il pomeriggio lavoravo, dando lezioni per  mantenermi agli studi. Viaggiavo con treni che avevano ancora i sedili di legno,  spesso provenienti proprio dal  nostro Sud.

Cosa l’ha spinto a sacrificarsi così?

Il fuoco interiore, come suol dirsi. Una passione irrefrenabile. E’ come quando si ama una donna che vive lontano. E non ti poni il problema di dove abiti e fai di tutto per poterla vedere. Ci sono stati momenti in cui stavo per mollare: mi ero iscritto anche a composizione e non ce la facevo a star dietro a tutto. Invece la mia indole da lucano molto ostinato, mi ha imposto di terminare in tempo, anzi ho anche bruciato le tappe.

Quando è diventato un concertista?

Il mio primo concerto a Napoli l’ho fatto al’età di 17 anni.

Si è reso subito conto che era la sua strada?

Sì, il palcoscenico mi intimoriva ma mi eccitava molto. Mi stimolava il fatto di potermi esibire, non tanto per me stesso, per il mio ego, ma per poter lanciare un messaggio a persone che magari non erano mai venute a contatto con una musica che definirei  “d’arte” più che “classica”, perché quest’ultima ha un periodo ben definito di riferimento che va grosso modo dal 1770 al 1830 circa. Musica d’arte è  termine più affine a quelle che sono le altre arti. Più raffinato nella sostanza.

Quando ha deciso che avrebbe insegnato la sua arte agli altri, ai giovani?

Il Conservatorio è il massimo grado di insegnamento musicale  che abbiamo in Italia. Oggi rappresentato anche da  due  livelli universitari. Però le varie riforme susseguitesi nel tempo hanno forse  rovinato quello che fino a 30/40 anni fa era uno dei migliori sistemi musicali globali. Vi insegnavano docenti illustri  e le nostre orchestre ed  i nostri musicisti erano apprezzatissimi in tutto il mondo. Oggi la riforma fatta pedissequamente mette insieme un vecchio ordinamento didatticamente consolidato  con quello nuovo di tipo para-universitario: le ore di strumento sono risicate e il rendimento degli allievi non può essere elevato. Devono cimentarsi con materie che spesso risultano inutili. Siamo messi anche  peggio degli altri paesi europei. Prima di insegnare chitarra, ho insegnato, sempre in conservatorio,  storia ed estetica musicale e letteratura poetica drammatica: una materia molto specifica. Mi assegnarono una delle sole  8 cattedre allora esistenti in Italia. Una era appartenuta al premio Nobel Salvatore Quasimodo, che aveva sempre rifiutato la docenza universitaria per insegnare questa materia al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

Cosa si porta in giro per il mondo delle sue origini?

La Basilicata è terra benedetta e maledetta allo stesso tempo. Benedetta perché ci sono persone che la portano nel cuore e ne coltivano le bellezze profonde e misteriose anche a distanza. A tal proposito mi vengono in mente quei versi di Attilio Bertolucci che riassumono icasticamente  lo struggimento di noi lucani  quando siamo distanti dalla Alma Mater…”Assenza, più acuta presenza”. Maledetta perché secondo me quelli che la abitano stabilmente  non si rendono conto fino in fondo  delle reali condizioni in cui versa, così lontana dall’Europa, nonostante la recente positiva riscoperta e le ribalte televisive degli ultimi anni. Ci torno spesso e  purtroppo mi rendo conto della mediocrità che alligna in Basilicata, dal punto di vista politico, culturale, dei trasporti  e delle infrastrutture. Noi che passiamo gran parte del nostro tempo fuori dalla regione viviamo una sorta di vita ancestrale interiore,  legata ai nostri ricordi ed alle nostre passate e solide radici. Ma la situazione, purtroppo, l’abbiamo davanti agli occhi: inchieste politiche insabbiate, condanne non eseguite per prescrizione dei termini, mancanza di occasioni per i giovani talenti che sempre più spesso fuggono dalla nostra splendida ma inerte regione e rare occasioni di promuovere e fruire di modelli elevati di cultura.  Ritengo che molti uomini , che siano artisti o  letterati o musicisti  abbiano innato il  senso dell’equilibrio e dell’onestà. Forse dovremmo delegare costoro a governare… ( ride di cuore, ndr). Ci sono tanti esempi sparsi per il mondo: Ignacy Pederewsky , famoso compositore polacco è stato primo ministro della Polonia, Helmut Schmitd, il noto cancelliere tedesco, era pianista, incideva per la Deutsche Grammophone. Vitautas Landsbergis , musicologo, è stato presidente della Lituania. Vaclav Havel, poeta, è stato il primo presidente della Repubblica Ceca e potrei proseguire con molti altri esempi. Potrebbe mai succedere in Italia?! Ed anche in Basilicata: hanno svenduto la nostra regione alle multinazionali del petrolio inquinando la Val d’Agri, senza peraltro riceverne alcun vero vantaggio economico. Speriamo di non perdere almeno  il treno internazionale di Matera  capitale europea del 2019. Ma esiste  già  una programmazione degli eventi previsti?!  Mi auguro di cuore che l’abbiano già approntata e che la  palesino quanto prima. Altrimenti si finisce col parlare solo di gastronomia e di turismo. Ma quasi mai di cultura.

Qual è il suo autore ideale?

Ce ne sono molti. Ho vissuto alcuni anni  in Francia e a Praga, esperienze che mi hanno messo in contatto con molte realtà artistiche e personalità di grande prestigio. Sono però affezionato anche a personaggi del passato; per una certa simpatia personale e la sua vita avventurosa a Niccolò Paganini. Ha scritto molti brani per chitarra. Ma ci sono anche altri compositori : Heitor Villa- Lobos, Manuel Maria Ponce, Joaquin Turina. Lo stesso J. S. Bach: non ha mai scritto per chitarra ma essendo il papà di tutta la musica noi chitarristi lo abbiamo inglobato nelle nostre esecuzioni.

Il suo percorso è lungo e invidiabile. Che progetti ha per il futuro?

Ho tenuto circa 1200 concerti in tutto il mondo e sono direttore artistico del Verona International Guitar Festival oltrechè, in passato, di un’altra dozzina di festivals e convegni internazionali ( uno dei quali dedicati ai musicisti lucani tra rinascimento e barocco).Sono stato insignito di una laurea “honoris causa” presso l’Università di Brasov in Romania, invitato come guest professor alla Columbia University di New York e  presso la Yale University e in altre importanti istituzioni musicali europee. Nell’immediato terrò  un concerto a Napoli, il 16 febbraio ; poi ho una programmazione molto impegnativa: un concerto a Verona in aprile, una tournée in Thailandia in giugno, poi in Spagna, Cina, Irlanda ed Albania. Terrò vari master classes in vari contesti  in Italia ed all’estero. E c’è anche un quinto cd che sto mettendo in cantiere. Sto valutando la scelta dei brani. Sono nella fase di ricerca delle partiture, perché quando si esegue un brano, desidero sapere tutto sugli autori, capire come sono arrivati a concepire nota dopo nota. Insomma è  rubarne un po’… l’anima.

 

 

Emilio Chiorazzo

LASCIA UNA RISPOSTA

Per favore inserisci il commento
Per favore inserisci l tuo nome