Quando aveva tre anni era già in grado di riconoscere l’autore dei quadri che le mostravano. Merito di sua madre, una cantante jazz americana, che fin da piccola la portava nei musei. Abitavano a Parigi, dove suo padre, l’attore di origini lucane Cosimo Fusco, aveva deciso di spostarsi: quella bambina andava spesso al museo Picasso o al Museo Orsay. A Jade Fusco, classe 1990, nata a Parigi, la passione per l’arte è esplosa così. Sul campo. E quando con i genitori si è trasferita negli Stati Uniti, quel fuoco sacro è diventato una strada da percorrere: ha frequentato, fin da subito, scuole d’arte, ha affinato la sua tecnica, ha ampliato le sue conoscenze. Jade s’accorge però che ha qualcosa da esprimere. Di suo. Non vuole passare il tempo a “imitare” gli altri. Abbandona gli studi artistici e si mette a cercare una sua strada. Va a New York, all’Università, studia teatro sperimentale, futurismo, surrealismo. Resta affascinata dagli “Outsider artists”, artisti che – come lei farà in seguito –creano una loro mitologia personale. Nasce così Dmzl (damsel, la pronuncia, damigella la traduzione): opere realizzate con una gamma di colori vibranti e tenui, che creano paesaggi da sogno ultraterreni, che esplorano temi di intimità, spazio e subconscio all’interno del mondo costruito di Dmzl: per Jade è, al tempo stesso, un alter ego e una musa. Nelle scorse settimane le sue opere e il suo pensiero artistico sono stati al centro di una iniziativa che si è tenuta a masseria Fontana dei Fieri, a Pietrelcina, in provincia di Benevento, nel Sannio. Una Residenza artistica ideata dall’artista Gaetano Russo, che ha permesso a Jade Fusco di realizzare opere che rimarranno nella masseria che le ha dato la possibilità di raccontare la sua arte ai giovani, di produrla con loro.
Ha appena concluso il progetto di residenza artistica a Pietrelcina: qual è il bilancio personale dell’iniziativa?
Il progetto della Residenza d’artisti a Masseria Fontana dei Fieri a Pietrelcina, è nato proprio lì, sul posto. Avevo un’idea iniziale di quello che volevo fare, ma sono stata incoraggiata dal direttore/curatore, artista Gaetano Russo, a lasciarmi ispirare dal luogo, dalla natura, dalla famiglia Boffa che vive lì ed opera dentro la Masseria, e dai rapporti che avrei sviluppato con loro nella condivisione dei pranzi e dei spazi. E poi, c’è stata anche un’altra iniziativa: interagire con gli studenti. Avrei potuto invitarli nel mio mondo. Allora piano piano, ho deciso di tornare sul tema dei “quadri parlanti,” che avevo già sperimentato in passato. Ma questa volta creando uno spazio teatrale dove i ragazzi erano liberi di esprimersi attraverso la “tela d’arte”. Così non sono stata solo io la performer. Le figure che sono sorte nei quadri rappresentano archetipi mitici anche se un po’ astratti. Dovevo lasciare spazio, anche per me stesso, per l’interpretazione libera. La residenza é stata un’esperienza indimenticabile. Sono così grata agli organizzatori che mi hanno invitata.
Ha incontrato i giovanissimi, si è confrontata con loro, ha raccontato loro la sua arte: che rapporto ha con gli studenti?
Sono io il vero studente quando mi confronto con i più giovani. Io cerco solo di buttare luce sulla loro genialità, con l’arte, e di creare opportunità per loro. Questo non succede solo con i giovani, ma con tutti: prendere a prestito la loro voce, le loro idee, le ispirazioni, le curiosità. L’opera così diventa un palco, e loro i personaggi. I ragazzi, quando sono arrivati non sapevano per niente cosali aspettasse. Gli ho spiegato il concetto; è stata la parte più imbarazzante, perché erano un po’ intimiditi. Ma quando abbiamo cominciato a giocare, si sono rilassati e hanno goduto molto dell’esperienza di sperimentare, di parlare dal punto di vista del quadro. Loro “lavoravano”, io li ho intervistati e filmati. Questa esperienza mi ha ispirato tantissimo a lavorare di più con i giovani, e di continuare a creare arte interattiva, per coinvolgerli. Ho una sorella che ha 10 anni e lei mi ricorda sempre che occorre trovare il divertimento nell’arte.
I suoi sono definiti quadri tridimensionali e parlanti: cosa significa?
Sono semplicemente quadri con la superficie scolpita con vari materiali e carta pesta, poi con buchi tagliati nella tela per creare una apertura o finestrino, per poter affacciarsi, diventando un personaggio nel quadro, o animando l’oggetto del quadro.
Qual è il messaggio che dà con le sue opere?
Che l’arte ha vita, che parla, che educa, che interagisce, che ci dà energie. L’arte ha coscienza, oltre quella trasmessa dall’artista. Se è interattiva e inaspettata, ci dà conoscenza di noi stessi, e porta la coscienza nei nostri corpi, a livello fisico, quando sentiamo l’impulso, o in molti casi, il repulso, dell’interazione, dell’invito. Siamo troppo abituati a rimanere solo spettatori e critici. Con i miei progetti cerco di rompere il quarto muro e di girare i riflettori su chi guarda, sulla gente.
Parigina di nascita, vive in America, ha origini italiane: qual è il luogo del mondo che la rappresenta di più e che più degli altri è “casa” per esprimere la sua arte?
Io mi sento sempre a casa, sono una persona molto adattabile, una figlia del mondo. Ma devo dire, che durante i sette anni vissuti a New York, ho visto, e partecipato a spettacoli e progetti d’arte più strani, più vivaci e innovativi che in ogni altro posto. C’era, c’é ancora, uno spirito di sperimentazione che sorge nelle strade della città, che ti commuove e ti fa trovare le forze sorprendenti per creare la tua visione. Ma New York ti esaurisce…non è uno stile di vita facilmente sostenuta. Ho fatto il mio primo vernissage a Berlino, dove ho studiato per 6 mesi, nel 2011. Anche lì, mi sentivo a mio agio, eccitata, ispirata. Quando torno a Parigi voglio sedermi ad ogni angolo e scrivere poesie, buttare giù idee: quella città mi ispira con la sua bellezza, l’arte e la storia. A Parigi, assorbo e scrivo. Ogni città mi offre qualcosa diversa.
Cosa si porta dentro delle tue origini lucane?
La comunità intorno al tavolo, dove si raccontano le storie. Le passeggiate ascoltando il dialetto e i dialoghi quotidiani. La famiglia, ovviamente, mi porta alle origini. Sono sempre più curiosa delle mitologie e delle storie della terra delle mie origini. La storia raccontata è un’arte che non dobbiamo perdere.
Quali sono i suoi progetti futuri più immediati?
Adesso sono tornata a Austin, Texas. Pure qui c’é un sacco di divertimento. A marzo c’é la festa di musica e tecnologia, la famosa South by Southwest. Io, con l’aiuto di un gruppo di amici artisti, e in collaborazione con l’ente formidabile d’arte, Meow Wolf, sto creando una serie di performance itineranti, in varie parti della città, coinvolgendo arte, musica, rituale. Faremo un “flash mob” per strada, una showcase ad alcune feste: sarà una specie di circo surreale.
Emilio Chiorazzo