Parlare con le donne e tra le donne. Parlare di donne: è questo il percorso culturale e professionale che sta compiendo Agnese Belardi, docente e scrittrice. “I libri e la lettura salvano la vita: servono a denunciare ma soprattutto a dare anche una speranza di salvezza”, dice l’autrice di “A muso duro”, il racconto di 5 donne, cinque storie che rappresentano le fasi dell’età evolutiva e denunciano la violenza di genere in tutte le sue forme. “E’ un invito alle donne a non farsi la guerra ma fare squadra”.
Agnese Belardi è nata e vive a Lagonegro, in provincia di Potenza. Laureata in Pedagogia è docente di materie letterarie dal 1986 nelle scuole superiori di 2° grado, abilitata in Storia e Filosofia. Ha pubblicato il saggio dedicato alla poetessa Donata Doni “Una voce oltre la vita”, il volume sullo storico e uomo politico lucano, Giacomo Racioppi, le raccolte di poesie: Nettare dal cuore , Arcobaleno di parole , Le piccole cose della felicità e Un mondo di pace, mentre sono in fase di stampa i racconti “Lacus Niger”. Si è cimentata anche con un testo teatrale, in dialetto lagonegrese, sulla figura di Monna Lisa, la Gioconda: “La Lucana Fiorentina” il titolo dell’opera che ha ricevuto notevoli consensi e che sarà rappresentata anche la prossima estate in Basilicata. Scrive sulla rivista Pagine Lucane e su alcuni quotidiani. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti in ambito letterario.
“A muso duro” racconta le donne. “Almeno una su tre, nella vita, ha subito violenza. Lo dicono le statistiche”, sottolinea Agnese Belardi.
I libri e la letteratura possono salvare la vita. “A muso duro significa senza piangersi addosso, ma con caparbietà e determinazione, con coraggio nell’affrontare la vita lungo tutto il percorso dell’età evolutiva. Fino alla fine. Loro compagni saranno i libri o le conoscenze apprese attraverso essi e l’università della vita. Nei classici, nella letteratura e nella poesia, troveranno le risposte alle domande, ai mille perché che affliggeranno le giornate dell’esistenza e come si impara il difficile mestiere di vivere, quando vivere talvolta sembra scontato e inutile”.
La scrittura come impegno per la donna: cosa racconta con “La lucana fiorentina” che parte dalla leggenda di Monna Lisa a Lagonegro?
Ogni occasione è necessaria per raccontare di donne; della loro fatica di diventarlo in una società maschilista che le discrimina. Ogni qualvolta mi è possibile farlo, sottolineo, racconto e denuncio la violenza di genere, in particolare quella psicologica fatta di ingiustizie, di sessismo, di “mediocrazia”, di mobbing e di favoritismi nei posti di lavoro. Essere donna è faticosissimo in una società che si fregia di essere evoluta ma per molteplici aspetti si dimostra involuta e sessista. Non c’è posto per le donne che pensano con la propria testa e non seguono il gregge. Si è sole anche contro le donne che non sanno fare squadra ma fanno la guerra alle altre donne e sono feroci nei giudizi.
Perché un’opera teatrale e perché in dialetto?
Mi piaceva raccontare una leggenda sulla contesa che riguarda la “Gioconda”, tra Toscana e Basilicata. Ho immaginato Monna Lisa avvelenata dal marito, messer Giocondo. E dunque vittima di femminicidio, nel testo, però, ci sono alcuni risvolti divertenti. Monna Lisa il 17 agosto compare, fantasma, da una delle finestre dell’antico maniero e libera dal malocchio i castellani, ovvero gli abitanti di Lagonegro. L’ho pensata in dialetto per dare valore ad alcune espressioni, a detti antichi oggi in disuso. L’ho fatto per far divertire e far rivivere tradizioni locali che si stanno perdendo. Quella su Monna Lisa è un’opera teatrale che ha visto come protagonisti persone del posto, lagonegresi volontari no profit. Lo hanno fatto per dare qualcosa al paese. I nostri paesi stanno morendo. I giovani vanno via. In estate si fa di tutto per far ritornare i migranti e accoglierli con affetto e allegria.
Un’altra sua opera si occupa di violenza di genere: “A muso duro”. Di che si tratta?
A muso duro racconta cinque storie coniugate attraverso le fasi dell’età evolutiva. Un’analisi sociologica sul territorio per denunciare la violenza di genere e in generale, ogni tipo di violenza.
Perché un titolo così forte?
A muso duro, significa senza girarci intorno. Dirette. Le vittime sono donne forti che non si piangono addosso ma reagiscono alle avversità della vita e si rialzano forti più che mai.
Anche il saggio dedicato alla poetessa Doni può essere inserito nel tema della lotta alla violenza?
Donata Doni rappresenta la donna poeta che rivive dopo la morte attraverso i posteri. Tra qualche mese le sarà intitolata una strada a Lagonegro e sarà la prima dedicata a una donna. La poesia salverà il mondo dall’indifferenza e i suoi versi sono perle, parole buone per chi soffre. Lasciò scritto: “non vi lascio denari e ricchezze ma solo questi versi che sgorgano dal mio cuore e sono parole di bene”.
Com’è la situazione femminile in Basilicata? Ci sono strutture di sostegno, associazioni, persone che operano attivamente su questo terreno?
Ci sono ma spesso sono assoggettati alla politica delle chiacchiere e non “del fare”. Ci sono associazioni, Commissioni alle pari opportunità, assistenti sociali che si occupano di questo, ma l’impegno concreto per aiutare le vittime di violenza è ancora poco. Nelle giornate dedicate alle donne, come l’8 marzo o il 25 novembre, sembrano fare a gara a chi organizza il convegno con un parterre di notabili, di persone illustri. Per tutto l’anno poi, c’è solo il silenzio. Ad esempio non si fa alcuna attività nelle scuole, con i giovani.