La prima volta ci siamo sentiti al telefono. Senza conoscerci. Ma anche senza alcuna barriera, come avviene tra colleghi. Tra giornalisti. Fu uno scambio amichevole su alcune questioni che riguardavano la Basilicata. Soprattutto quella che esprime più cultura, il suo terreno abituale. Lo chiamai perché volevo confrontarmi con lui su un progetto che stavo per far partire, il sito web Storieoggi.it che racconta storie di persone e personaggi lucani o che con la Basilicata hanno affinità. Trovai una persona disponibile a raccontarmi le sue esperienze, a darmi indicazioni e contatti di persone che poi sono diventati protagonisti delle mie interviste.

Chiesi, con un pizzico di timidezza, anche a lui di darmi, in maniera ufficiale, alcuni punti di vista sulla cultura in Basilicata. Poche domande. Prese tempo. “I giornalisti sono più abituati a farle le domande, che a riceverle”, mi disse. Ma intanto quelle domande rimasero sospese nell’aria. Per settimane.

Poi un giorno, per mail, mi arrivarono: erano solo risposte parziali. Accompagnate da un appunto: “Perdonami in questi giorni ho dei problemi. Pensavo di impegnarmi a scriverti delle risposte non banali, ma ci vuole tempo. Se hai fretta ti mando subito le risposte alle tue domande. Diversamente dammi ancora qualche giorno. Fammi sapere”. Non avevo fretta e quelle risposte parziali le ho tenute in serbo, per mesi, aspettando la parte mancante.

Che purtroppo, non avrò mai più. Rocco Brancati  (nella foto in alto è il  primo in piedi a sinistra nella foto di gruppo in occasione della visita di Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, ad Aliano) si è spento a Potenza nella mattinata del 18 aprile 2018, dopo aver combattuto, per mesi, con una malattia. Giornalista ma soprattutto uomo di cultura, Rocco si è occupato della sua terra prima come redattore del quotidiano Il Mattino e poi come giornalista nella redazione della Rai: dal 1999 è stato vice caporedattore vicario della TGR, la Testata Giornalistica Regionale, della sede della Basilicata. Aveva 68 anni, era giornalista professionista dal 1973. Le sue passioni, per la storia e per le tradizioni popolari, erano diventate anche il suo mestiere: prima sulla carta stampata, poi davanti alle telecamere della redazione regionale del Tgr Basilicata aveva raccontato la sua terra, mettendone in evidenza le contraddizioni ma anche l’elevato spessore della cultura territoriale che esprime. Un percorso che Rocco non aveva abbandonato neppure dopo essere andato in pensione. Brancati ricopriva anche l’incarico di presidente del Club Unesco del Vulture e presenziava, in maniera attiva, all’organizzazione di a numerose iniziative culturali lucane.

Eccole le domande che gli avevo rivolto e le risposte che mi aveva inviato, rubando tempo prezioso alle tante cose che ha fatto, per tenere viva, l’attenzione, sulla regione che, in maniera magistrale ha saputo raccontare.

Rocco, da anni si occupa soprattutto di cultura: qual è la situazione culturale della Basilicata?

In questo periodo, in Basilicata, si assiste ad un proliferare di iniziative genericamente dette “culturali”. Mai come quest’anno si presentano cento libri al giorno (i comuni lucani sono 131), si invitano scrittori famosi e meno noti, si promuovono talk show e si moltiplicano i premi soprattutto di poesia.

Tutto a “costo zero” o quasi.

A Potenza l’agosto scorso si è celebrata la “Notte bianca del libro”, seconda edizione. Lungo il “decumano” di via Pretoria e nelle aree adiacenti (ma anche in periferia) ogni bar, ritrovo, libreria, piazzetta ha accolto, a rotazione, una iniziativa culturale. Di libri però credo se ne siano venduti pochissimi. Del resto gli ultimi dati commentati al Salone del Libro di Torino confermano che il 48 per cento della popolazione alfabetizzata non legge nemmeno un libro l’anno. E in Basilicata il dato è ancora più negativo. Il fatto positivo della “Notte bianca del libro” è che si avvertiva comunque una certa curiosità. Non nego però che ci possa essere stato anche un interesse e una certa partecipazione.

Qualche anno fa un amico venne a presentare il suo libro di poesie al teatro “F.Stabile”. Solo in platea ci sono non meno di 500 posti disponibili. Le sedie occupate furono non più di una decina. Per ringraziarmi di essere stato presente l’amico mi lasciò un biglietto in rima dove scrisse: “Potenza brilla per l’assenza”.

Da Lagonegro con il premio dedicato al grande geologo De Lorenzo, a Tramutola con quello intitolato al vescovo Pecci, da Lagopesole frazione di Avigliano con il premio di poesia “Jacopo da Lentini” a Stigliano e Gorgoglione dove recentemente è stata ricordata la figura di don Giuseppe De Rosa. Queste manifestazioni hanno superato, numericamente parlando, le sagre popolari e quelle enogastronomiche. Sia pure con qualche riserva (soprattutto sul significato di cultura) considero positivo questo “nuovo corso”. Tutt’altra storia è invece la “cultura spettacolo” che, tra l’altro, spende ingenti finanziamenti pubblici.

Non è certo merito di alcuno portare in Basilicata il regista o l’attore famoso. Avendo a disposizione il budget giusto chiunque potrebbe invitare ammesso che ci interessano i divi del cinema internazionale. Alla “vetrina” di Maratea preferisco gli incontri che il filosofo ungherese Agnes Heller ha avuto con gli studenti a Potenza, Montemurro o Moliterno.

 

Matera capitale europea 2019, che occasione rappresenta per la regione?

E’ la nostra grande occasione. Personalmente ho sostenuto e creduto che Matera potesse diventare capitale della cultura europea, fin dai primi servizi che feci per il telegiornale regionale e poi dalle dirette o dai contributi nazionali per “Bell’Italia”. Ricordo che quando fu presentato la prima volta il progetto mi trovavo a Matera insieme a Gillo Dorfles. In serata avremmo inaugurato una mostra di pittura e scultura Margherita Serra-Gillo Dorfles. In mattinata fu presentato “Matera 2019” e l’allora assessore Bergantino mi telefonò per sollecitare una presenza “come testimonial dell’evento” del grande maestro di estetica. Arrivati in sala feci una riflessione: “Matera capitale della cultura europea nel 2019, bene! Ma dove sono gli uomini di cultura?”. Successivamente dai piccoli paesi a sostegno del progetto ci fu una grande partecipazione. Arrivavano a Matera a piedi percorrendo 10-20 o anche 30 chilometri. Qualche sera dopo un rappresentante di un’associazione culturale di Pomarico (un paese molto vicino a Matera) si è domandato: “io non ho ancora capito che cos’è Matera capitale della Cultura Europea”. Polemiche, ritardi, incomprensioni, non so bene che cosa stia andando male. Certo che non c’è più quella “partecipazione” di tutta la Basilicata che avevamo auspicato. E allora? Cosa accadrà dopo il 2019? Se perdiamo anche questo “treno” per dirla come un giovane poeta lucano appassirà “una rosa in fondo al burrone”.

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