La bellezza che diventa ricchezza. Prima culturale, poi anche economica. Potrebbe – o forse meglio, dovrebbe _ essere questo uno dei volani per il nostro Sud. Ma non sempre è così. Ci sono ostacoli legati all’arretratezza, a situazioni infrastrutturali. E poi c’è l’incapacità umana. Tutto questo sta – ma solo in secondo piano – nell’opera di Gabriele Scarcia, giornalista e scrittore lucano, “ Il tesoro della Basilicata: paesaggio e arte” (edizioni La Nave di Teseo) al quale è stato assegnato il premio internazionale Carlo Levi di Aliano. Il libro è arricchito anche da una prefazione di Vittorio Sgarbi, che con il suo movimento culturale Rinascimento – di cui Scarcia è il referente per la Basilicata, il segretario regionale – cerca proprio di percorrere questa strada. “Non chiamatelo però, partito politico: è un movimento culturale che cerca di affiancare i politici per seminare, nel loro lavoro quotidiano il germe della cultura”, avverte Gabriele Scarcia. Il premio Carlo Levi è il quarto che gli viene tributato per la sua opera letteraria e per la divulgazione della storia e dell’arte della sua regione: ha vinto per due volte il premio Basilicata e il “Lucani insigni”. “Di quest’ultimo che mi è stato assegnato sono molto orgoglioso”, dice.
Gabriele Scarcia è nato a Miglionico nel 1973. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali, ha intrecciato negli anni la passione storica alla passione letteraria e artistica. Da anni collabora con diverse testate giornalistiche. Al suo attivo conta diverse pubblicazioni eterogenee e numerosi contributi in cataloghi d’arte e saggi. In passato è stato responsabile anche della comunicazione di una Fondazione romana diretta dal senatore Giorgio Benvenuto. Il 3 luglio scorso ha partecipato a “La Milanesiana”, evento diretto a Milano da Elisabetta Sgarbi, promuovendo Matera e la Basilicata.
Quali sono i veri tesori della Basilicata?
Intanto Matera che con l’attenzione mediatica di questi anni fa da amplificatore del territorio. Sono stato per un periodo portavoce del sindaco di Matera, ho assistito dalla cabina di regia, seppur nelle difficoltà che emergono anche all’esterno, alla preparazione dell’evento del 2019. Abbiamo un grande riconoscimento, un valore reputazionale internazionale. Mentre sul territorio la cosa è diversa; abbiamo una politica che non riesce a trovare una squadra di lavoro competente. Questo è l’handicap. Rinascimento, il movimento di Vittorio Sgarbi è nato per voler affiancare i partiti tradizionali che di cultura non si occupano proprio. Soprattutto in questo periodo storico in Basilicata.
Che terra è la Basilicata dal punto di vista artistico?
L’elemento espressivo è molto genuino, direi provinciale. Innegabilmente i ritardi ci sono nelle raffigurazioni, nonostante una commistione di popoli e il passaggio di tante etnie. Vive di pochissime opere, soprattutto venete; del Seicento napoletano, le correnti alle quali obbediscono, quasi replicandole, i pittori lucani. Non c’è alcun artista di rilievo, tranne Michele Tedesco (Moliterno 1834 – Napoli 1918, ndr) con La tempesta, e non è neppure il Basilicata. Raffigura una donna, che dalle fattezze potrebbe essere paragonata a una modella moderna, che si torce sul lungomare di Posillipo, viene colta in un momento di tempesta coi rivoli d’acqua che assecondano questo movimento. L’artista trasferisce nella tela un movimento che troviamo solo nel futurismo, è un’anticipazione. Perché siamo 1870-80, molto prima. La qualità dell’arte è quella, anticipataria sui tempi, l’idea originaria. Ma non ce ne sono altri, se si esclude Santa Margherita di Melfi, la cripta, dove c’è l’incontro tra i vivi e i morti, che a quanto sembra è la prima rappresentazione di questo memento mori, l’incontro di tre vivi e tre morti. Anche quello potrebbe rappresentare un’anticipazione.
Perché l’influenza veneta?
Pittura e scultura soprattutto veneta, per gli scambi commerciali. Matera faceva parte della Terra d’Otranto. Segnalo due capolavori che derivano da questa influenza: il polittico di Cima da Conegliano che si trova a Miglionico. Cima è un artista allievo di Giovanni Bellini, le cui opere in versione giovanili ritroviamo in Basilicata (un suo polittico si trova nella chiesa di Genzano di Lucania, ndr). Cima restituisce dignità al paesaggio. E’ lui che, per primo, sostituisce i fondali dorati con i paesaggi, ritenuti opera di Dio. E poi c’è il Mantegna: si attribuisce a lui o comunque se non fosse sua, è sicuramente di un artista a lui vicina, la Sant’Eufemia in pietra di Nanto (località dei monti Berici, in Veneto, ndr), una ragazzona del quattrocento, quasi una modella, elegante nelle forme. Questi i due capisaldi in pittura e scultura che coprono l’arte rinascimentale.
Da esperto ci indica un paio di tappe da non saltare in Basilicata?
Ci sono diversi itinerari che si possono seguire. Uno riguarda i castelli: un itinerario che comprende Melfi, Venosa, Lagopesole, Miglionico. Cittadine che conservano questi contenitori culturali ma hanno storie da raccontare. Ci metterei anche Valsinni. E poi le Dolomiti, il paesaggio nel termine più pregnante. Un altro itinerario dovrebbe riguardare le cattedrali: Acerenza primeggia. Sono chiese che a volte nascondono dei capolavori. Come Ripacandida con il suo affresco continuo sulle volte che ricorda in piccolo Assisi.
Questi tesori sono sfruttati? Producono economia?
Molto poca, non certo come potrebbero essere, ma questo succede spesso al sud. Succede anche nel vicino Salento. Si fanno poche mostre, si promuovono e si valorizzano poco i luoghi. E invece occorrerebbe pianificare un po’. Come avveniva a Hollywood, agli inizi. I primi divi erano costruiti a tavolino: dovevano avere ville sontuose, in luoghi particolari, con nomi particolari. Occorrerebbe fare questa operazione con i contenuti artistici. Andrebbero esaltate, anche le chiese con una sola opera. Con Vittorio Sgarbi abbiamo portato alcune opere fondamentali all’Expo. Sono state viste da dieci milioni di persone. Quello è un buon inizio, una grande vetrina. Occorrerebbe creare qui sul posto dei fili conduttori anche partendo da una sola opera, mettendola al centro di una mostra. Servirebbe cambiare il tipo di politica, rendere raggiungibile certi centri. E’ fondamentale, altrimenti, tranne gli appassionati, in pochi si arrampicherebbero con i pullman lungo le nostre strade per arrivare ad Accettura, ad Aliano, a Guardia Perticara che vanta un centro ben curato.
Da dove nasce la sua passione per l’arte?
Sono laureato in conservazione dei beni culturali ed ho avuto la fortuna di conoscere
Federico Zeri. Da lui ho capito che non potevo fare lo storico dell’arte. Ricordo che una volta sono stato Mentana nella sua villa, erano i suoi ultimi anni di vita. La casa era inondata di libri. Ne aveva oltre ottantamila:. li ha donati all’Università di Bologna. Lui mi ha introdotto nel mondo artistico e l’ho declinato alla mia regione. Da questo nascono i libri che scrivo, anche se mi occupo anche di storia.