Il laboratorio di Paola Buttiglione in via Ridola a Matera

Il pigiamone di Mister Johnny, alias Stefano Fresi? Ha un’anima lucana. E’ solo finzione, ovvio, ma è la prova che l’industria cinematografica, in Basilicata, non ha trovato solo luoghi incantevoli dove ambientare le proprie storie. Ma ha prodotto bravi attori, ottimi registi e anche altre maestranze. Ne è un esempio Paola Buttiglione, stilista, designer di moda e costumista, che per il cinema ha realizzato alcuni abiti di scena indossati da Stefano Fresi nel film, in questi giorni sui grandi schermi “La Befana vien di notte”, con Paola Cortellesi.

Un particolare del pigiamone indossato da Stefano Fresi

E’ solo l’ultima collaborazione – in ordine di tempo – che la costumista materana (ha un laboratorio nella centralissima via Ridola, ma ha origini pugliesi, è di Ginosa) ha con il grande cinema. Il suo percorso – artistico e artigianale nello stesso tempo – parte proprio dal suo paese, Ginosa, in provincia di Taranto, set naturale per tante storie che sono finite al cinema.

“Sono originaria di Ginosa, in provincia di Taranto _ racconta Paola Buttiglione _  Nel mio paese qualche anno fa giravano un film e sul set cercavano una sarta.  Mi definisco anche sarta, ma ho un titolo accademico, sono disegnatrice stilista di moda con specialistica in modellistica, design e sono anche costumista.  Cercavano sarte aggiunte da inserire nel reparto sartoria per il  film Agadah, il Manoscritto.  Mi contattarono, ma dissi subito di no. Poi ci ripensai: mi allettava l’idea di intrufolarmi in quell’ambiente, magari avrei potuto far conoscere le mie qualità”.

E così è stato.

E’ vero: hanno conosciuto le mie competenze e, quando altre troupe sono venute in zona per girare nuovi film  mi hanno contattata, mi hanno fatto realizzare dei costumi. Così ho lavorato per il film Tulips. Hanno cominciato a contattarmi direttamente i produttori. E’ accaduto anche per “Chi mi ha visto”, il film con Beppe Fiorello. Mi arrivò una telefonata da Roma, mi chiesero di realizzare dei capi su misura per Fiorello. Grazie alle costumiste Ornella e Marina Campanale, conosciute sul set di “Tulips”, sono stata contattata per dare un supporto alla realizzazione dei pigiamoni che Stefano Fresi, nei panni di Mister Johnny, un produttore di giocattoli che vuole sostituirsi alla Befana (Paola Cortellesi), indossa nel film. Volevano realizzarlo a macchina. Ma ho spiegato loro che non era possibile, sia per le dimensioni che avrebbe dovuto avere, sia per il materiale che si doveva utilizzare. Così mi sono offerta di farlo a mano. La mnaualità e l’artigianalità sono due punti fermi del mio lavoro.

L’ha fatto e quel pigiama è finito nelle scene del film.

Sono due pigiamoni. Il lavoro inizia dai due teli di lana rossi realizzati a macchina dal laboratorio di maglieria “Texture Italia”. I due pigiamoni prendono forma su un lavoro da me realizzato interamente a mano, dal disegno al prodotto finale.

Da dove nasce la sua passione?

Credo sia una dote innata. Succede così per chi fa questo mestiere. Da piccola progettavo vestiti sulle bambole: gonne e grembiulini per le mie Barbie.  Mia mamma cuciva, è una tradizione dalle mie parti. Ma non sono mai stato dietro ai suoi lavori. Quando, dopo la terza media,  ho dovuto scegliere la scuola superiore, venni a Matera per visitarne alcune e orientarmi. Qui mi sono imbattuta nella scuola superiore per disegnatrice e stilista di moda “Isabella Morra”. Erano gli anni del boom della moda, di stilisti come Versace, Valentino, Armani. Vidi nei labratori della scuola i figurini, i modelli, i capi di abbigliamento: la scintilla è scoccata così.

Adesso vive e lavora a Matera: una città che ha avuto un doppio ruolo per lei. Prima l’ha costretta ad abbandonare la sua attività e adesso, invece, le ha dato la spinta per riprendere il suo  percorso.

Uno dei premi assegnati alla stilista

Nel 1990 ho aperto uno studio stilistico a Ginosa e per otto anni ho lavorato lì. Poi mi sono spostata. Mio marito è di Matera. Per questioni legati al suo lavoro ci siamo trasferiti ed ho chiuso il mio laboratorio. Siamo andati a Formia. Ma non ho abbandonato mai il mio sogno. Grazie all’Accademia nazionale dei sartori ho partecipato ad alcune importanti manifestazioni:  a un concorso  nazionale ho rappresentato la Puglia. Ho vinto: sono stata premiata per il disegno tecnico e artistico. In quel periodo ho fatto sfilate, in Puglia, a Roma e in giro per l’Italia. Ho partecipato al congresso mondiale: fui selezionata tra le 50 migliori sartorie italiane di quel periodo. Rappresentavo l’Italia con il mio  stile sempre legato alla sartorialità e al lavoro artigianale. A Formia mi sono dedicata a realizzare delle divise di lavoro. Ho aperto un mio laboratorio ed ho ideato delle divise per parrucchiere che mio marito, addetto in quel settore, ha venduto in giro per l’Italia. Nel frattempo mi sono anche dedicata alla famiglia e ai figli, rallentando un po’ il percorso delle mie passioni. Poi abbiamo deciso di tornare al Sud, nella città di mio marito. E a Matera ho ripreso quel percorso artistico e di stile.

Stefano Fresi durante le prove del costume di scena

 Nella sua vita è entrato il cinema, ma c’è sempre lo spirito dei primi tempi: la passione per i particolari curati, per la manualità, l’artigianalità, l’arte…

Oggi esiste tanto pret a porter: quello delle griffe, quello degli abiti già pronti. Ma c’è ancora e resiste il “su misura” che arriva dalla tradizione del passato. Io curo la singola persona che viene nella mia sartoria, la seguo in ogni fase: dal disegno fino alla realizzazione del prodotto. Nel laboratorio che ho aperto da pochi mesi in via Ridola si fermano tanti turisti: apprezzano l’una e l’altra cosa, perché possono trovare capi già pronti oppure affidarsi a un capo fatto su misura.

Dentro questi ultimi ci sono l’estro, l’esperienza, le idee, la creatività, la minuziosa e perfetta bravura di chi ancora esegue a mano i propri lavori e l’unicità del prodotto, che è capace di rispecchiare l’anima di chi lo indossa. Paola Buttiglione è tutto questo: unisce l’arte antica della sartoria con la modernità delle linee e delle proposte. Che poi è il valore aggiunto dell’artigianalità italiana.

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