Lo definiscono “Un pittore tra due lune”, perché nei suoi quadri ci sono l’essenza toscana, la terra dove ha scelto di vivere e lavorare e quella lucana, delle sue origini, dela sua infanzia. Ma in realtà, per Domenico Conforte, insegnante in pensione, nato a Ruoti, in Basilicata e residente a San Miniato, quelle due lune sono un solo astro, in un cielo che rimane lo stesso, per i popoli di tutto il pianeta.

I suoi quadri sono esposti alla Sala Il Momento, di Empoli, il nuovo spazio teatrale gestito da Andrea Mancini, su un’idea di Gianluca Rosucci. All’inaugurazione della mostra – in occasione della prima assoluta del lavoro teatrale “Carlo Levi. Cristo s’è fermato a Eboli”, Domenico Conforte ha ottenuto un grande successo. I suoi lavori si collegano con l’anno di Matera città europea della cultura per il 2019, e alle celebrazioni di un suo grande figlio adottivo, cioè Carlo Levi, che nel 1935 fu mandato al confino ad Aliano, in provincia appunto di Matera. Lì Levi scoprì una umanità povera e semplice, spesso analfabeta, ma di grande dignità, di grande cultura, alla quale rimase attaccato per il resto dei suoi giorni. Non è un caso se la sua tomba non è a Torino, dov’era nato, né a Roma né a Firenze, dove visse parte della sua vita e dove scrisse il suo libro più famoso, quel “Cristo si è fermato a Eboli”. La sua tomba, da allora (1975) visitatissima è appunto ad Aliano, in terra di Lucania.

La mostra di Conforte è proprio questo, una specie di omaggio al contrario, nel senso che celebra l’emigrazione, i tanti lucani sparsi per il mondo. Ed è omaggio indiretto anche a Levi, grande pittore, che scopri il colore aspro di quelle terre: un colore che Conforte ha dentro di sé, nel suo DNA e che racconta, esprime, usa nei suoi quadri. Non a caso la sua mostra più recente, nell’agosto dell’anno passato, Conforte l’ha realizzata proprio nel prestigioso Museo Archeologico di Potenza, un luogo che conserva le vestigia degli antichi popoli di quelle terre, di cui anche lui è discendente e dal quale nasce anche il suo dipingere.

Una pittura, quella di Conforte, piena di modernità, ma anche dell’antico “mistero della natura”, fatta di intrecci, di nascite, di morti dalle radici stesse degli alberi e delle piante.

Per apprezzare l’intensa mostra, ci saranno ancora due occasioni teatrali, molto attese, cioè lo spettacolo del 26 gennaio alle 21,30, in occasione della Giornata della Memoria 2019, “Anna Frank giocava al calcio? Carlo Castellani bomber dell’Empoli”, e quello del 27 alle 15,30: “N’ì canto d’ì foco”, stavolta per bambini e soprattutto per famiglie.

Domenico, nei suoi quadri c’è tanta natura.

Sono il segno del grande amore che ho per la natura. Provengo da civiltà agricola e pastorale, i miei genitori erano contadini, mio nonno faceva il pastore. Io da giovane andavo con lui, nei boschi a pascolare. Ho sempre avuto un legame forte con la natura. E l’ho interiorizzato. Ho continuato anche in Toscana, dove mi sono trasferito perché ho insegnato per tanti anni.

Qual è il suo percorso artistico?

Mi sono diplomato Maestro d’Arte a Salerno; poi ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze: ho seguito il corso di pittura di Afro Basaldella e di Vinicio Berti e il corso di incisione di Domenico Viggiano, un altro lucano come me, di Senise. Un vero maestro. Poi mi sono cimentato nell’estetica sperimentale con il professor Carmelo Genovese ed ho imparato a conoscere Paul Klee, artista sul quale ho fatto la mia tesi di laurea, ottenendo il massimo dei voti. Ma in tutto questo tempo non ho mai abbandonato l’amore per la terra.

Al punto da portarlo dentro i suoi quadri.

Quelle immagini vengono fuori quando lavoro. Non dipingo quel che vedo, ma vado alla ricerca dell’essenza, del mistero nascosto, quel che genera il visibile. La mia pittura nasce da questo. Ma anche dalle frequentazioni artistiche che ho avuto durante il mio periodo scolastico.

E’ stato un bel po’ senza mostrarli i suoi dipinti.

Ero impegnato a scuola, con l’insegnamento, non volevo sottrarre il mio tempo ai ragazzi. Dal 2011 sono andato in pensione e mi dedico alla pittura. Ma fino al 2014 non avevo fatto mostre. Poi un giorno Andrea Mancini è venuto nel mio studio, li ha visti, ha capito chi sono e ha capito la mia pittura. Così mi ha convinto ad esporli: ho fatto una antologica a Palazzo Grifoni di San Miniato che ha avuto un discreto successo.

In quali altri luoghi ha esposto?

Sono stato all’Expo a Milano, ad Assisi a Gubbio, a Gualdo Tadino. Dal 2011 in pensione e mi dedico esclusivamente a fare mostre, prima la scuola mi impegnava.

E nella sua terra?

A Ruoti, il mio paese, ho portato l’antologica “Radici e germogli” che avevo esposto a San Miniato. L’estate scorsa ad agosto ho fatto una mostra al museo archeologica a Potenza e ora ho programmato, per la prossima estate, una esposizione a Bella e una a Sant’Angelo Le Fratte: sono stato in visita da turita in questo paese e sono rimasto colpito dai murales. Sant’Angelo è un museo a cielo aperto. Gli amministratori hanno fatto un grande lavoro. E, poi, forse esporrò di nuovo anche al mio paese.

Qual è il segreto della sua pittura?

Uno solo: dipingere mi diverte e non penso assolutamente al mercato dell’arte. Provo soddisfazione quando i miei lavori vengono valorizzati. Il critico d’arte Giammarco Puntelli, venne a vedere la mostra a San Miniato, rimase colpito dai miei lavori e mi ha invitato ad alcune mostre che ha organizzato. Ha scritto alcuni saggi sui miei lavori e alcuni testi che raccontano la mia pittura sono stati pubblicati da riviste specializzate della Mondadori.

 

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