Le donne, la loro condizione, le violenze che devono subire, i femminicidi: è questo uno dei fili conduttori degli eventi che vengono presentati dal 7 al 14 settembre a Firenze durante la Settimana della cultura Lucana. Si comincia domenica 8 con lo spettacolo Fango-voci di donne emigranti, della cantante tosco-lucana Donatella Alamprese. Con lei sul palco del suggestivo Forte Belvedere (inizio alle ore 20,30) i musicisti Marco Giacomini (chitarra), Amedeo Ronga (contrabbasso e mandoloncello) e Andrea Farolfi (violino).
Dal cuore della terra, da dove tutto ha origine e trae nutrimento: il fango, materia umile da cui nascono e si plasmano cose preziose e la vita stessa.
Fango vivo di voci di donne che migrano, che si fondono e rinascono,attraversano epoche, mari e disegnano geografie con le loro emozioni, le storie, i dolori, gli amori, le lotte.
La voce di Donatella accompagnata dai musicisti in scena si fa ponte tra classico e popolare e ci guida in un viaggio sorprendente dal Mediterraneo e dalla Lucania, sua terra di origine per raccontare storie di donne migranti. Le emigrate di Armento morte nell’ incendio del 1911 a New York, i flussi migratori verso l’ Italia con i canti delle donne albanesi e armene, ma anche un tuffo in un passato più lontano , ma purtroppo attuale, con la storia di Isabella Morra, simbolo della poesia e della donna di ogni epoca che subisce violenza. Una geografia dell’anima tutta al femminile sottolineata da una scelta musicale che raccoglie momenti salienti della cultura popolare dal fado alle ninna nanne lucane, fino al tango del barro di Buenos Aires.
I porti, i mari, le perdite e la bellezza da inventare. Un viaggio suggestivo che sarà impreziosito anche da musiche dell’ Alamprese sui versi del poeta tursitano Albino Pierro (il video dell’esibizione cliccando questo link).
Donatella Alamprese sarà protagonista anche di un altro momento della settimana dedicata alla cultura lucana: sabato 14 settembre – a chiusura della kermesse – riceverà il riconoscimento, insieme ad altri corregionali, di Eccellenza Lucana.
“Sono molto felice ed emozionata di questo coinvolgimento _ ha raccontato la cantante alla presentazione del suo spettacolo _ perché è la prova che lavorando in silenzio e piano piano, i risultati arrivano. Sono felice anche perché questo riconoscimento arriva dall’associazione della mia regione di origine, nella città che ho scelto per viverci: con la mia musica, le mie canzoni, cero di portare in giro per il mondo, le culture di questi due territori”.
E Donatella Alamprese, ambiasciatrice della cultura fiorentina e lucana lo è stata più volte, sui palchi di ogni angolo del mondo.
Nata a Potenza, da circa trent’anni vive in Toscana. Ma con la sua regione ha – come lei stessa sottolinea – un rapporto “di pancia”. Fatto di musica e emozioni. Un anno fa, proprio in Basilicata le fu assegnato il premio Torre d’Argento a Cirigliano. Un riconoscimento ai lucani eccellenti, proprio come avverrà il 14 al ristorante La Loggia di piazzale Michelangelo a Firenze.
Donatella è un’eccellenza della nostra musica. Il suo percorso artistico è nel segno della qualità: scelte che hanno ricevuto l’attenzione di pubblico e critica in ogni angolo del mondo, dov’è apprezzata e richiesta. Lo scorso ottobre è tornata a esibirsi alla Cumbre Mundial del Tango una manifestazione di richiamo internazionale. In Giappone è apprezzatissima e richiestissima: nel 2008 si fa conoscere come testimonial del lancio sul mercato asiatico della Fiat Cinquecento. L’anno dopo la invitano e il suo concerto è un grande successo. Ci torna tre volte.
“Nei miei spettacoli declino molto il contenuto al femminile, interessandomi di interpreti e autrici di una certa caratura, che hanno dietro una vita particolare, che fanno dell’arte non solo un virtuosismo tecnico ma comunicano emozioni a chi le ascolta. Ho letto le biografie di autrici francesi ma anche sudamericane. Soprattutto di Alfonsina Storni e Violeta Parra.”, racconta.
Il suo spettacolo “Fango”: racconta le donne di ogni latitudine e longitudine. Le donne che lasciano i loro villaggi e si avventurano nel Mediterraneo in cerca di una vita migliore, le nostre nonne che lasciavano i paesi della nostra Terra per cercare fortuna all’estero. C’è tutto questo nel suo dna di persona e di artista. La scoperta del tango che Donatella porta in tutto il mondo nasce da lì. “Mio nonno era un emigrato. Era partito da Ripacandida, nel Vulture potentino. In Argentina si sposa, mio padre vive lì per un periodo della sua vita. Torna in Italia e sposa mia madre. Da bambina lo ascoltavo cantare, aveva una voce bella, suonava il piano e il mandolino. Era un personaggio, somigliava a Rodolfo Valentino. Ero affascinata. Voleva che parlassi lo spagnolo. Come spesso accade ho fatto altre scelte: mi sono laureata in lingue e letterature straniere all’Orientale di Napoli, ho studiato lingue slave, non lo spagnolo, anche se adesso lo parlo. A un certo punto anche mio nonno, da anziano, torna in Italia. Vive per un po’ a casa nostra. Mia nonna parlava solo il castigliano”.
E’ l’ambiente in cui esplode la passione che oggi Donatella Alamprese ha trasformato in mestiere. In missione.
“Non avrei mai pensato che certi ricordi, certe situazioni familiari, avessero lasciato una traccia indelebile in me. Mio padre è morto dopo una lunga malattia, non piacevole, mia mamma s’è ammalata, ci sono stati momenti di grande sofferenza nella mia esistenza che mi hanno portato a ritrovare, dentro di me, una radice che ovviamente sotto sotto c’era. Forse è stato tutto casuale, ma non lo credo: incontrai Marco Giacomini, grande musicista. E’ l’arrangiatore delle cose che facciamo. Marco mi fece ascoltare dei tanghi. Erano gli stessi motivi che mio padre cantava a mia madre. Per me è stato come se quella musica mi avvicinasse a mio padre, con il quale c’erano stati anche degli scontri. Ad esempio non ho potuto fare la musicista da subito. Lui voleva che mi laureassi L’ho fatto, al meglio e in breve tempo: 110 e lode, la tesi pubblicata. A quel punto, era il 2002, il tango è entrato come rappacificatore di quella sofferenza che c’era stata anche durante il percorso della sua malattia. Forse tutto questo covava dentro e aspettava solo di uscire. Quella musica mi ha ricordato le radici, mi ha portato all’infanzia e mi ha dato la possibilità di recuperare e comprendere quella parte che mio padre mi voleva far comprendere e che io non avevo mai voluto”.