La musica arriva tardi, anche se è entrata nella sua vita quand’era bambina. Alejandra Palazzo ha pubblicato, poche settimane fa, il suo primo album, “Estrellas marcades” (guarda il videoclip a questo link). Dentro ci sono i suoni e le parole della sua anima. Ma soprattutto le radici italiane della sua famiglia. La madre, i nonni e i bisnonni sono originari di Senise. Alla piccola Alejandra, nata in Argentina, facevano vivere sapori e parole italiane. E anche i suoni, le canzoni della tradizione e quelle moderne che poi hanno formato una buona parte della sua cultura musicale.

“Estrellas marcades” è un disco pieno di messaggi che mettono in guardia dal modo di vivere di oggi, dove il superfluo, l’isolamento delle persone e il martellamento delle immagini “vuote” vanno a discapito dei valori umani.
Alejanda è esperta di psicogenealogia, la scienza che studia come le radici e gli antenati, in qualche modo “condizionino” i nostri stili di vita e comportamentali. Ne ha fatto una materia che divulga in appositi seminari che puntano a far esprimere a ogni “allievo” la propria creatività e le proprie emozioni interiori. E che porta avanti con la sua attività di scrittrice, editrice. E oggi, come musicista e cantante.
“Estrellas marcadas” è il suo primo disco?
Sì, è il mio primo album. Un progetto che ha ricevuto un aiuto molto speciale da molti di coloro che hanno partecipato all’intera produzione. Per diversi motivi, avevo trascurato la musica, anche se per tutta la vita ho scritto canzoni, poesie, storie, testi umoristici. Ma ogni cosa ha un suo momento. Stavo studiando psicogenealogia e, ripercorrendo la mia storia, studiando l’albero genealogico, ho avuto la spinta a riprendere; come se mi fossi ricordata di qualcosa lasciata in sospeso e che avrei dovuto riprendere, mettendo da parte pregiudizi come l’età e le critiche. E’ stata un’esperienza meravigliosa, fatta a 50 anni, un’età in cui le persone socialmente ti giudicano, ti mettono in disparte, persino ti detestano per la colpa di aver assecondato la tua passione. Ritengo che il tempo creativo, a differenza di quello lineare, non abbia lancette dell’orologio o fogli del calendario.
Che genere di musica propone?

Credo che la mia proposta abbia sempre inizio da una base melodica, influenzata da ciò che ho ascoltato e ciò che ammiro: una una varietà di musica e stili, anche se sono molto libera durante le composizioni. In questo album, ho avuto la fortuna di incontrare Alisa Kaufman, direttrice musicale, cantautrice e cantante, con la quale abbiamo realizzato la pre-produzione. Alisa ha curato nei dettagli lo stile di ogni canzone, il jazz latino e una fusione di diversi ritmi del Sudamerica: aria di bolero, chacarera, mambo e persino soul. Anche per gli gli arrangiamenti generali ho beneficiato della partecipazione di eccellenti musicisti. Alisa come insegnante di canto, mi ha preparata con la voce e l’espressione di ogni canzone, aiutandomi a trovare il tono e il colore più personali che potessi raggiungere. È stato un grande compito: un coach è qualcuno con cui si condividono molte cose; qualcuno a cui affidare le paure, i dubbi, le insicurezze oltre alle proprie capacità per ottenere che l’arte personale fiorisca e possa essere condivisa con gli altri.
Come nasce la sua passione per la musica?
Sono sicura che proviene da prima della mia nascita. Ricordo mio nonno, che aveva fatto la guerra: aveva una vecchia radio nella cucina di casa sua. Mi ha fatto ascoltare Iva Zanicchi per la prima volta, con la canzone “The White Shore and the Black Shore”, la Riva bianca, la Riva nera. Ero molto piccola e ho sentito l’emozione mentre cantava. Era un disco da una parte cantato in italiano e dall’altra in spagnolo. È stata una delle prime esperienze che ho provato su come la musica accompagni le esperienze di vita. Ho anche ascoltato musica con mia madre, che era italiana: Nicola Di Bari, Gianni Nazzaro, tra gli altri … Con mio padre, che era uno studente di violino, ho ascoltato musica classica e alcuni autori e orchestre di tango, come D´Arienzo. Ricordo anche un bellissimo album di Altemar Dutra,di bolero e il chitarrista spagnolo Narciso Yepes, i suoi dischi erano sempre sul piatto del giradischi. Conogni membro della mia famiglia ho ascoltato musica differente: con le mie zie Roberto Carlos, Joan Manuel Serrat, coi miei cugini ho incontrato rock e pop. A casa mia c’era un pianoforte, acquistato da mio padre e, più tardi, una chitarra. Il pianoforte piaceva a mia madre che a otto anni mi mandò da un insegnante del quartiere. Ha suonato molto ad orecchio. E a 11 anni suonavo già canzoni alla chitarra. Ho suonato a scuola, alle feste e alle riunioni parrocchiali. Alle feste di famiglia il bisnonno suonava la fisarmonica del bisnonno: erano belle, con tavole imbanditi e un esercito di parenti che brindavano e celebravano lo stile italiano. La musica mi ha sempre accompagnata, nei momenti felici e in quelli tristi. Io l’ho arricchita con la mia creatività, la scrittura e le esperienze intergenerazionali. La musica è un grande flusso di energia che ci riflette, ci attraversa, ci contiene, ci tiene in vita … Resistente perché il suono è una frequenza creativa dell’universo, come la luce. Vivi ed eccolo lì che esprime le nostre sensazioni. È una meraviglia ciò che Dio ci ha dato, oltre alla natura. La musica cambia tutto. Non lo spettacolo in sé, ma la possibilità di farlo, che nasce dall’animo di se stessi.
Che progetti ha per promuovere il disco?
La fase di promozione è appena iniziata, perché l’album è uscito a novembre, per l’etichetta discografica argentina Acqua Records. Radio Senise Centrale è stato il primo mezzo che ha pubblicato il collegamento Spotify con una recensione dell’opera, dal momento che mia madre, i miei nonni e i miei bisnonni erano originari di Senise. È stato un grande onore e quando ho ricevuto il link alla mia posta ho iniziato a piangere per l’emozione. Mia madre è morta quando avevo 13 anni. Penso che sia stato un bel momento sentirsi uniti a lei attraverso il suo luogo di origine, per me e anche per mio padre, che mi ha supportato per tutta la vita e in questo progetto in particolare.Farò promozione e presentazioni del disco per tutto il 2020. Ci ho messo un anno per preparare il materiale che è stato registrato e stiamo anche lavorando molto duramente su alcuni video che possono essere visualizzati su YouTube. Adesso sto cercando un produttore professionale che mi aiuti a diffondere il mio lavoro nel mondo.
Che attività svolge, oltre a fare musica?
Sono un editore, in particolare ho lavorato molti anni scrivendo testi pubblicitari. Fornisco servizi creativi ad aziende, istituti scolastici ed editori. Un tempo, ho scritto testi per editori famosi, come San Pablo, Don Bosco, Estrada, e ho avuto il piacere di incontrare Bergoglio, Papa Francesco, attraverso il mio lavoro di scrittore. Mi sono avventurata nella letteratura per l’infanzia, un genere che amo scrivere perché lo trovo accattivante. Per un periodo ho lavorato in seminari di lettura-scrittura per le scuole; ho realizzato testi per libri di giochi, storie e poesie per bambini, alcuni pubblicati, altri in lista d’attesa. Non perdo la speranza di pubblicare materiale per bambini. Attualmente lavoro nella comunicazione e negli eventi istituzionali, sviluppando testi e idee come consulente creativa.
Qual è il messaggio che dà con la sua musica?
Non è facile spiegare l’ispirazione; È qualcosa che si sente nel cuore. Sono molto intuitiva: adoro associare idee, trasmettere qualcosa in più delle parole. Mi piace l’arte che stupisce e nutre, che è capace di trasformarti. Penso che la poesia vada proprio in questa direzione. In questo album c’è un messaggio chiaro che rivaluta la parola, e c’è una sorta di denuncia sociale, come in “La verità”, che parla di una certa ipocrisia dell’essere umano; o “Words of Rilke”. E’ un grande poeta, lo ammiro, la canzone è un tributo a lui, l’ho composta con i suoi versi. Ci sono anche temi sul desiderio, sull’amore, come “Animali vivi” o “Cuore sacro”; sulla creatività, come “Starred Star” e “Origin”, che parla del bambino che abbiamo dentro di noi. E sulla famiglia e gli amici riuniti, come “Costellazione di un sogno”. E’ importante salvare certi messaggi in un mondo in cui tutto è superfluo, dove c’è un consumo eccessivo di immagini senza contenuto, anche in canzoni che non dicono nulla; un momento sociale difficile in cui siamo iperconnessi e, allo stesso tempo, più soli, perdendo i valori umani così necessari, come la connessione con la verità, con gli affetti, con la natura. Siamo testimoni di come è stata “diffusa” una grande malattia spirituale: vivere divisi, proiettare sugli altri le proprie miserie e frustrazioni. Viviamo in una società che privilegia e sostiene ciò che non dura. Penso che molti musicisti e artisti stiano cercando di dare un messaggio diverso, a questo proposito.
Le sue radici italiane influenzano la sua musica?
Molto più di quanto immagino. Soprattutto la vena romantica di alcuni testi che sono pieni di amore, profondi. Io adoro le canzoni romantiche, anche se la mia preparazione musicale è di segno diverso. Spero anche di poter cantare in italiano, un giorno. Ammiro molti musicisti italiani di tutti i tempi, come Mina, Pavarotti, Lucio Dalla e altri artisti popolari come Albano Carrisi, Franco Simone, Eros Ramazzotti, Zucchero, Arisa. Perfino Raffaella Carrá, che appartiene a un altro tipo di stile e spettacolo, sin da quando ero bambina per me è stata una grande star. Mi piace quella possibilità di scambio tra mondi e stili molto diversi. L’arte raggiunge questo obiettivo.
Che rapporto – o ricordi – ha con la terra dei suoi nonni e genitori?
L’Italia era sempre presente, sebbene non potessi ancora viaggiare. Discendo da lì e credo che coloro che hanno lasciato il loro Paese non lo abbiano mai dimenticato. Ricordo storie ascoltate fin dall’infanzia: Senise, la terra del peperone crusco; il viaggio sulla nave con cui mia madre venne in Argentina, con sua sorella e sua madre; la forza della sua fede, la Madonna di Viggiano, immagini che mia nonna portava sempre dai suoi viaggi; il gusto di alcuni cibi, come la sardina, che hanno chiamato “Cento spuntini” (Chiente becune); le frasi birichine … Ma soprattutto, il mio ricordo più acceso di questi emigranti, è la gentilezza, la generosità, la forza e il lavoro con cui hanno amato questa terra, con le famiglie che si sono formate tra tanti ostacoli. Sento in me un flusso di energia,qualcosa che arriva dall’Italia: l’incontro con le persone, gli amici discendenti di italiani; la gioia di una lingua che mi è familiare, le risate, le parole del dialetto, le espressioni tipiche e, naturalmente, l’amore per la sua arte e la musica indimenticabile.
Qual è il suo legame con l’Italia e con la Basilicata?
A Senise ci sono ancora parenti, le nuove generazioni. Il cognome “Palazzo” è esteso a tutta la Basilicata. La mia bisnonna paterna, da cui arriva il nostro congome, era una madre single, lo era in un momento molto diverso dal nostro. Mio nonno paterno era un figlio naturale. Nel tempo, si impara a guardare di nuovo tutto, quando si è in grado di scoprire l’importanza dell’origine. Non dico di tornare al vecchio stile di vita ma di trovare il significato di quelle storie che hanno anche fatto la nostra storia, con rispetto, onorandone l’eredità spirituale. Questo è il mio legame con l’Italia e la Basilicata, anche se ho ancora molto da scoprire. Le persone a volte rinnegano le proprie radici. Ma poi ritornano a loro, necessariamente. Non si può crescere senza essere collegati a quelle fonti che ci hanno dato la vita. Ringrazia, perdona, impara dai nostri antenati, salva la tua memoria in modo da non perderti, capisci le ragioni delle tue storie per capire e accettare anche la tua. Quale albero, quali rami, quale legno vivono senza le radici? Solo alberi secchi o già morti.
Oltre alla passione per la musica lei svolge anche l’attività di psicogenealogista: di cosa si tratta?
Molti anni fa, mentre leggevo un libro sulla psicogenealogia sentii un rumore e guardai verso la finestra: un uomo con una sega stava tagliando un albero in strada. Da quel segnale sono stata attratta da qualsiasi lettura che avesse a che fare con l’origine, l’albero genealogico e le storie di vita. La potatura simboleggiava qualcosa che stavo cercando dentro. Fino a quando ho trovato una suora, una religiosa francescana che teneva seminari sulla ricostruzione della storia familiare. Da lì, il mio interesse crebbe, ho accresciuto le mie conoscenze in una scuola di logoterapia. Gli studi di psicogenealogia mi hanno fatto capire che ereditiamo dai nostri antenati condizionamenti, ripetizioni, segreti di famiglia, lealtà invisibili. E’ una scienza che applica, in parte, la psicologia umanistica ed esistenziale di Victor Frankl, orientata nei valori e nel significato della vita. A questo devo il ritorno alla musica: grazie allo studio dell’attività di Enrique Piñeyro, un professore internazionale di psicogenealogia e di antenati. Un uomo che ha viaggiato e insegnato molto in Europa e in America Latina. Sono molto felice di aiutare gli altri da questo punto di vista con conversazioni che aiutano ad associare dati molto preziosi, anche con esercizi molto creativi, basati su informazioni che partono dalle radici familiari. Applico la mia esperienza di scrittore nei seminari e propongo degli scritti in modo che ognuno possa decifrare ciò che porta dentro di sé, una sorta di decodifica attraverso le parole, che è molto efficace e divertente. La creatività è la base di tutto, sempre. Nella libertà che ci dà troviamo meravigliosi modi di guarire, di superare il dolore.
Ce l’ha un desiderio per il 2020?
Pace per il mondo e maggiore consapevolezza: ognuno di noi continui a creare, crescere, condividere, ringraziare. Scommettere sul cambiamento, fare delle scelte. Costruire legami pieni di amicizia, di amore e di solidarietà. Continuare a cercare – e trovare – coloro che camminano sulla stessa lunghezza d’onda.