Anni fa aveva letto, su un libro scritto da un padre Barnabita, che – arrivato a New York negli anni Cinquanta – nelle vicinanze del porto rimase meravigliato da un grosso cartello pubblicitario che recitava così: “Se vuoi mangiar bene e vivere sano, devi mangiare pasta di Stigliano”.
Quell’immagine gli è rimasta sempre impressa, nella mente. In America, questa fama, era arrivata sicuramente con gli emigranti. Stigliano, da sempre, era considerata la patria lucana dei pastai, grazie alla presenza dei mulini e dei corsi d’acqua.
La prima licenza rilasciata, per la produzione dei maccheroni (la pasta corta) risale a fine Ottocento. Qui vennero molti da Gragnano a imparare il mestiere di pastaio. E poi, da queste parti, c’è la produzione di grano più importante della regione.
Deve aver pensato a tutto questo Mimmo Balsano quando ha deciso di impiantare un pastificio nella sua terra, lasciandosi alle spalle il lavoro consolidato di una vita, nel campo dell’impiantistica. “Un’idea nata per aiutare mia moglie a superare un momento critico, dopo la nascita di nostra figlia”, svela. E quell’idea si è trasformata da un piccolo laboratorio di ottanta metri quadrati a un’azienda che produce pasta biologica che ha fatto innamorare tanti ristoratori americani. Così anche quel sogno ad occhi aperti, fatto da Mimmo Balsano, mentre leggeva il diario del frate in visita ai parenti americani, si è trasformato in realtà…
“Anche se mi occupavo di altro fino a qualche anno fa, adesso la pasta riempie per intero le mie giornate. Le soddisfazioni non mancano: sono riuscito a fare quello che mi ero immaginato di fare” sintetizza nel raccontare la sua esperienza intrapresa con la moglie Nunzia Delle Fave.
Perché ha lasciato alle sue spalle l’esperienza maturata nell’impiantistica e ha deciso di dedicarsi alla produzione della pasta?
Intanto perché a Stigliano c’è una tradizione di pastai, c’erano i mulini e fino agli anni Settanta c’era un grosso pastificio. Siamo il più grande comune della Basilicata per produzione di grano. Pensi che qui, nel 1809 fu rilasciata la prima licenza da maccheroniere. Due anni dopo fu richiesta e rilasciata una licenza per vermicellaio. All’epoca c’era distinzione tra chi produceva pasta corta e chi quella lunga. Da allora c’è sempre stato un pastificio a Stigliano: prima il De Sortis, poi il Sarubbi. Quest’ultimo era uno stabilimento importante. Produceva tanta pasta, la esportava all’estero. Chiuse negli anni Settanta per motivi familiari. Fu un peccato.
Quando ha deciso di cominciare con “Pasta di Stigliano”?
Nel 2007. Mi ero sposato, mia moglie, che è milanese, dopo la nascita di nostra figlia ha sentito la necessità di fare qualcosa. Voleva aprire una profumeria, ma a me sembrava un’attività poco remunerativa, in un paese di tremila abitanti. Così, scherzando, un giorno le dissi: apriamo un pastificio.
In quel momento a Stigliano la tradizione dei pastai si era interrotta?
Dopo la chiusura del Sarubbi c’era stato uno stiglianese che aveva avviato una piccola produzione di pasta fresca. Ma durò poco.
E così quella frase detta per scherzo si è trasformata in realtà.
Alla fine ci ha preso la mano, abbiamo cominciato a produrre, abbiamo avviato le esportazioni in America. Gli Stati Uniti sono stati il nostro trampolino di lancio. Non pensavamo di arrivare a tanto. Adesso esportiamo in Messico, Europa e Nord America. Negli anni scorsi avevo realizzato anche un altro grosso stabilimento in Slovenia. Era specializzato per la produzione gluten free, ma quell’esperienza è finita male, per divergenze con i soci.
Nel suo futuro c’è, però, un altro stabilimento.
Insieme con alcuni produttori locali di grano stiamo costruendo un mulino. E uno stabilimento per la produzione della pasta assai più grande di quello attuale. Pensi che adesso riusciamo a produrre duecento chili l’ora di pasta, per dieci ore al giorno. Di più non possiamo perché non c’è abbastanza spazio per l’essiccazione. Il nuovo stabilimento ci permetterà di arrivare a mille chili l’ora e potremo lavorare 24 ore su 24.
In Italia dicono che il mercato della pasta sia assai complicato.
In Basilicata abbiamo 160 negozi che vendono la nostra pasta, a fronte di 131 Comuni: significa che in qualche paese c’è più di un negozio che la tiene. E poi stiamo cominciando ad avere richieste dalla Calabria e dalla Puglia. Per arrivare ovunque c’è p’e-commerce.
La sua pasta di Stigliano è una pasta priva di microtossine: cosa significa?
E’ uno dei nostri vanti: il grano matura in pianta e non crea le muffe che poi formano le microtossine. Nella nostra pasta sono a zero. Unico caso in Italia: la legge prevede un limite non superiore a 300. Molte malattie sono dovute alle microtossine, penso al fuoco di Sant’Antonio
Che ricordi ha dell’inizio?
Lavoravamo in uno spazio di 80 metri quadrati. E già esportavamo negli stati Uniti. Per riempire un container ci mettevamo un mese e mezzo.
Molti ristoranti americani usano la vostra pasta
Si, a New York, Boston, Washington, Toronto e Montreal.
Come siete riusciti a conquistare i palati americani?
Attraverso amicizie, col passaparola. Poi la gente ci ha contattato. Nel 2007 ero uno dei primi ad avere il biologico UsBio. Se non il primo in assoluto.
C’è una soddisfazione che ricorda volentieri del percorso dal 2007 a oggi?
Sono due. Uno riguarda i miei dipendenti: sono sette ragazzi due laureati, gli altri diplomati che non sono andati via dal paese per restare qui a lavorare. Gioiamo tutti insieme per i successi commerciali, siamo orgogliosi del fatto che tutto questo avvenga in un piccolo paese della Basilicata. L’altra è legata a un libro di un monaco Barnabita che racconta il suo viaggio a New York dove andò a trovare dei parenti. Scrisse, nel dopoguerra che, appena sceso al porto americano si trovò davanti una grossa una reclame: Se vuoi mangiare bene e vivere sano devi mangiare pasta di Stigliano. Leggendo pensai che avrei voluto vedere un camion con il marchio della nostra pasta di Stigliano attraversare il ponte di Brooklyn. Un sogno che ha esaudito un nostro distributore chem per portare la pasta dal suo magazzino nel New Jersey a Manhattan, si era attrezzato con un camion che aveva sulle fiancate il marchio Pasta di Stigliano. Un giorno, sapendo di questo mio desiderio, mi chiamò e mi disse: sono alla guida del camion e sto attraversando il ponte di Brooklyn. Di quella scena c’è anche una foto, ma ahimè, io non l’ho mai avuta, perché quel nostro distributore dopo poco è venuto a mancare per problemi di salute.