Le relazioni sono come parole. Quelle non coltivate, non utilizzate, scompaiono, spariscono. Pino Rovitto, scrittore di Senise che vive a Rimini, questo tema lo aveva già affrontato con un atto d’amore verso la sua terra, pubblicando, qualche anno fa,  Parole scomparse: dizionari innamorati senisari e lucani”.

Adesso, col suo nuovo lavoro, ha spostato lo sguardo verso le relazioni. E dal dizionario è passato alla grammatica, come per dire che ci sono delle regole, che vanno rispettate. “Grammatica delle solitudini condivise”, pubblicato con la Metauro Edizioni, è tutto questo.

“Ma non  né un saggio, né un romanzo, né poesia.  Non è un genere puro: ci sono racconti, c’è una parte legata alla grammatica, intesa come qualcosa che mette insieme pezzi, nomi, aggettivi, avverbi che da soli non direbbero nulla. Lo scopo della grammatica e, allo stesso tempo della  sintassi, è mettere insieme queste cose per dare loro un senso” spiega Pino Rovitto.

D’altra parte, sottolinea lo scrittore di Senise: “ Lo studioso francese Eric Orsenna nel suo saggio La grammatica è una canzone dolce, dice che la grammatica per un attimo mette d’accordo, parole, avverbi, punteggiatura. Poi ricominciano a litigare e cominciamo da capo. Una delle particolarità di questo lavoro è che è pieno di fonti”.

Come nasce l’idea?

Tutto è nato cercando di mettere insieme due o tre cose, frammenti: le parole, le solitudini e le relazioni. Queste sono l’ossatura del libro. Una parte è dedicata alla grammatica, un’altra al lessico: varie parole per le quali cerco di dire cosa penso o cosa sento.

Quali sono le parole che ha preso in considerazione?

Ad esempio il tempo. Se qualcuno ci chiede: che ore sono, sappiamo rispondere tranquillamente. Ma se ci chiedono perché, in quel momento, è quella tale ora, la risposta diventa più difficile. E poi racconto cosa penso della bellezza, dello stile, del rumore.

Anche il rumore fa parte delle relazioni?

Proprio sul rumore delle relazioni ho puntato il mio interesse. Penso al non detto, agli scatti, ai fruscii. Sono elementi che servono molto nelle relazioni con le persone. E purtroppo, noi non ascoltiamo spesso il rumore.

Tra le parole che ha scelto per il lessico c’è anche il ritorno.

Sì, inteso come lo intendevano i greci. Quello di Ulisse o di Enea, per intenderci. O il ritorno di ognuno di noi verso il luogo al quale vuol tornare.

E, ovviamente, c’è la parola regole?

Si riallaccia al discorso della grammatica. Le regole aiutano la creatività. Senza regole la creatività non c’è. Il problema è che non dobbiamo applicarle in maniera meccanica, altrimenti vanifichiamo tutto.

Dalle parole scomparse alla grammatica delle relazioni: è stato un passaggio ragionato?

Devo confessare che alla fine tutto è venuto naturale. Le parole, come i legami e le relazioni se non vengono usate, le perdiamo. Usiamo poche parole, ognuno di noi ha un dizionario ristretto. E quindi attraverso la grammatica si cerca di recuperare quello che è scomparso, il non detto delle relazioni, la paura. Tra le parole e la grammatica che cerca in maniera non superstiziosa  di mettere un po’ di ordine il legame c’è.

Qual è stata la molla che l’ha spinta ad affrontare questa nuova fatica letteraria?

In origine doveva essere il seguito di un altro libro che avevo scritto sulle relazioni. Le solitudini condivise, non sono altro che relazioni che condividiamo insieme ad altri. La cosa  difficile è stato mettere insieme gli argomenti:  sono diversi sia come stile che come temi. Questa è stata la parte più dura, ci ho impiegato quasi due anni per completarlo.

Questo periodo di clausura ha avuto riflessi  nel suo lavoro?

In realtà ci lavoravo da molto prima, questo periodo ha valorizzato il tema delle distanze. Sia quella fisica che la distanza sociale. Distanze  è una delle parole del lessico. Io preferisco chiamarla coesistenza. La distanza indica uno stare lontano, la coesistenza è qualcosa di vuoto da riempire o un pieno nel quale muoversi.

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