Si definisce una giramondo. Una nomade capace di innamorarsi di ogni luogo dove si ferma. Anche solo per poco, perché come dice lei stessa, ha la sindrome dell’allieva: ogni traguardo non rappresenta un arrivo, ma un trampolino di lancio per la tappa successiva. Paola Francesca Natale è così anche nel suo percorso professionale: voleva fare l’attrice, era il suo sogno segreto. Ma a 14 anni cominciò dal pianoforte, che ebbe il merito di portarla fuori dal suo ambiente naturale, Valsinni, il paese della provincia di Matera dov’è nata.

Non avrebbe mai pensato di cantare, ma cominciò a studiare la lirica come tappa di avvicinamento alla recitazione. E il canto, dolce, della sua voce da soprano, l’ha portata a calcare i palchi di mezzo mondo. E a ottenere un riconoscimento dietro l’altro. E ora l’uso della voce ha deciso di insegnarlo agli altri. Ai giovani. E anche in questo caso, è stata una tappa dietro l’altra: Napoli, Como, Avellino. E adesso Venezia, al Conservatorio Benedetto Marcello.

Ma la cosa più curiosa, che un po’ ha a che fare con la sua voce e con le melodie che lei propone, è che a Paola Francesca Natale è stato dedicato un dolce. Proprio com’era avvenuto con un altro soprano, la australiana Nellie Melba, il cui nome, in pasticceria, riporta a una pesca.

Francesca, un dolce porta il suo nome…

Un dolce tipico natalizio: una rivisitazione degli struffoli, con crema, cannella e miele.

Perché?

E’ legato a un movimento dedicato al noto chef pasticcere Auguste Escoffier,  famoso perché ha inventato la pesca Melba, dedicata a Nellie Melba, un soprano australiano. Escoffier ha creato una serie di adepti che si considerano suoi discepoli. Si riuniscono ogni anno e fanno delle iniziazioni. A me è capitato così. Sono cuochi, eccellenze dell’arte culinaria, ma ci sono anche delle eccezioni, come nel  mio caso che sono entrata in questa  sorta di società che, intendiamoci,  non è segreta. Tutto avviene alla luce del sole. Si diventa discepoli o iscritti. C’è un rito di iniziazione bellissimo: io ho cantato in una serata dedicata a loro. Una mia cara amica, Tina Bianco aveva proposto il mio nome,  aveva suggerito anche di continuare la tradizione di Escoffier e loro hanno deciso di dedicare a me, un soprano, un dolce. Che la pasticceria Capriccio di Napoli prepara con tanto amore.

Il 2019 è stato, per lei, un anno d’oro

Sì, all’inizio di gennaio mi è stato assegnato  un riconoscimento in una manifestazione dedicata a un attore di origini italiane che si era trasferito in Albania: Nikolin Gioia. Poi fui contattata dal giornalista Luigi di Lauro che mi informò che, in piena estate mi sarebbe stato consegnato il premio Torre d’argento, a Cirigliano. E di lì a poco, il riconoscimento al Leone d’oro a Venezia: mi è stato consegnato nell’ultima edizione della manifestazione in Laguna. E poi c’è stato un prestigioso riconoscimento arrivato  dall’Accademia partenopea di Napoli, che ogni anno premia le figure che si distinguono in vari settori.

 

La clausura forzata e il blocco dell’attività  cosa le ha fatto rinunciare?

Avrei dovuto fare un Elisir a Catania, ma è tutto bloccato. Dovevo partire per l’Austria dove avrei tenuto una masterclass, ma salterà, sempre per il Covid. Magari lo farò on line, com’è avvenuto per gli insegnamenti ai miei allievi, in questi mesi. Ma non è lo stesso.

Lei è di Valsinni, a Napoli come c’è arrivata?

Per amore. Avevo vinto la borsa di studio al Teatro dell’Opera di Roma, mi ero trasferita lì da Potenza, dove avevo frequentato il Conservatorio. Mentre ero in Conservatorio è scoccata la scintilla con un docente che dopo è diventato mio marito e insieme abbiamo deciso di vivere a Napoli. Ci vivo dal 1996, ma sono un po’ nomade: ho vissuto a Roma, a Venezia, a Napoli. E amo tutti i posti dove ho vissuto. Ho un pezzo di cuore ovunque, sono un po’ marinaio in questo.

Che rapporto ha con la sua terra di origine, la Basilicata?

Strano.  A 14 anni ho scoperto di avere uno spirito nomade, mai avrei immaginato. Provengo da una famiglia rigida, mio padre era un pastore evanglico: non voleva che facessi la cantante. Iniziai il mio percorso musicale come pianista.Mi trasferii a Potenza che avevo 14 anni, ci ho vissuto dieci anni. Da lì a poco mi sono invaghita dal canto lirico, che mi ha portato in altri luoghi. Ho una visione delle cose che va sempre un po’ oltre, vedo sempre la meta successiva, quella da raggiungere. Ogni arrivo è un trampolino di lancio. Non ti fa mai fermare. Ho la sindrome della perenne allieva, con i ragazzi studio. A Venezia ho deciso di fare questa esperienza, una specie di confronto con i  giovani. Una necessità nata dopo aver insegnato a Como al Conservatorio e per un diversi anni ad Avellino. Avevo la necessità di crearmi altre mete. Questo è quasi una modalità da latitante, di vivere le relazioni con i territori:ma quando torno alle mie origini, mi ci immergo completamente. Pensi,  quando parlo normalmente non ho inflessioni, è il risultato del mio percorso di vita, avendo vissuto ovunque, ma quando arrivo a Valsinni, sfodero il dialetto. Torno la Paoletta, quella ragazzina che ha lasciato il paese  a 14 anni. E’ come se avessi due vite: una che va e una torna. A Valsinni mi libero degli abiti e corro in libertà nei campi, di colpo ritorno me stessa. Come se ci fossero due entità in un unico corpo.

Ha dedicato anche un suo progetto a Isabella Morra, la poetessa di Valsinni, primo esempio di femminicidio nella storia…

Si, ho interpretato, nel castello del paese, teatro della tragedia, un’opera lirica scritta da opera lirica da Antonello Colli, “Isabella di Morra, ovvero delitto d’onore”.  Antonello Colli purtroppo non c’è più. Era un giornalista, uno studioso della storia Bizantina. A lui devo molto, è la persona che mi ha spronata più di tutte a fare le cose che mi hanno permesso di arrivare fin qui. In un certo senso è la persona che mi ha scoperta, artisticamente.

Com’è l’attività da docente?

Elettrizzante. Tutti i miei allievi sono cinesi. Lo scorso anno alle ammissioni, erano 150 ammissioni, l’ottanta per cento cinesi. E ne potevamo prendere solo venti. Le confesso che amo questo popolo. Per il loro rispetto dei  ruoli. Ti ringraziano per quello che insegni, con un rispettoso omaggio.

 Il suo sogno segreto era fare l’attrice?

E’ stato il mio primo amore… Se sono cantante lirica è perché in me c’era la voglia di fare l’attrice. Quando studiavo pianoforte, ho raccontato al mio insegnante questa mia voglia. E mi disse, perché non ti iscrivi a canto, prevede anche la recitazione. Pensavo di essere stonata, mi sentivo stonata. Sbagliavo. Ma recitare è il mio grande amore. Ogni tanto lo faccio,  per diletto: ho girato dei film, dei cortometraggi. Purtroppo non posso dedicare a questo il tempo che vorrei.

Tra tutte le opere portare in scena, c’è un  personaggio alla quale è più affezionata?

C’è, ma è un personaggio che non ho ancora interpretato: la Elvira del Don Giovanni, un’anima sospesa tra l’amore e l’odio per l’uomo che ama e non ne può fare a meno ma vede che è la cagion del suo dolore. La adoro. Stavo per interpretarla, poi non l’ho fatta. Ma è uno dei personaggi che amo di più.

Paola Francesca Natale  da giovanissima ha ottenuto una borsa di studio al  Teatro dell’Opera di Roma. Ha frequentato master con Protti,  Bruscantini, Battaglia, Segalini, Alva, Miljakovic, Montarsolo, Olivero.

A Valsinni, grazie a Antonello Colli, giornalista, bizantinista

Ha vinto numerosi premi tra cui due  volte il 1° Premio al Concorso Battistini per il ruolo di Musetta ed il 1° Premio Concorso Battistini 2000 per il ruolo di Zerlina.

Nel corso della sua carriera, ha cantato sotto la direzione di maestri importanti quali Oren, Battistoni, Mariotti, Clemencic, Gelmetti, Renzetti, Carignani, Lombard, Zigante, Romani, Mastrangelo, Zarpellon, Armiliato, Arena, Pidò, Palumbo, Rizzi Brignoli, Abbado e  ha lavorato con registi quali De Ana, Savary, Fassini, Landi, Marta Domingo, Zeffirelli, Proietti, Mirabella, Brockhaus, Piva, Romagnoli.

Si è esibita in produzioni prestigiose a fianco di Placido Domingo, Devia, Guleghina, Dessì, Sabatini, Cupido, Bruson, Nucci.

Ha lavorato in prestigiosi  teatri italiani e esteri (Opera di Roma, Fenice di Venezia, Verdi di Trieste, Petruzzelli di Bari, NHK Hall e Orchard Hall di Tokio, Biwako Hall di Shiga, Comunale di Bologna, San Carlo di Napoli).

Negli ultimi anni si è esibita nelle seguenti produzioni: Teatro dell’Opera di Roma, Marie Victorie di O. Respighi, in prima mondiale; Teatro Verdi di Salerno, L’elisir d’amore; Teatro Petruzzelli di Bari, Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota;  Teatro dell’Opera di Roma, La maschera di Punkitititi di M. Taralli, in prima mondiale;  Teatro Sociale di Rovigo, Il campiello di Ermanno Wolf Ferrari, ha, inoltre, interpretato Musetta ne La bohème al  Teatro S. Carlo di Napoli sotto la direzione di Andrea Battistoni. Ha interpretato il ruolo di Anna nel Nabucco al Teatro Verdi di Salerno sotto la direzione di Daniel Oren.

Al Teatro Comunale di Bologna ha preso parte a Jakob Lenz di Wolfgang Rihm in prima nazionale assoluta per la regia di Hennings Brockhaus.

A gennaio 2014 debutta nel Parsifal sotto la direzione di Roberto Abbado nell’allestimento de la Monnaie di Bruxelles con la regia di Romeo Castellucci al Teatro Comunale di Bologna per l’inaugurazione della stagione lirica 2013/14 in occasione delle celebrazioni wagneriane. Torna al Comunale di Bologna a febbraio 2015 in  Madama Butterfly sotto la direzione di Hirofumi Yoshida e al Teatro San Carlo di Napoli in Cenerentola (giugno 2015).

Canta Elektra al Teatro Comunale di Bologna (novembre 2015 allestimento insignito del  Premio Abbiati 2015 per la regia) e in Suor Angelica al Teatro San Carlo di Napoli.

Nella stagione 2017/18, e’ stata impegnata in 2 produzioni di “ La Vedova Allegra “a Catania e a Padova.(regia di V. Sgarbi e di H.De Ana). A marzo, in una Prima assoluta di un’opera Contemporanea, come Protagonista-”Verde Menta”.

Successivamente Papagena nel Flauto Magico al Teatro Verdi di Salerno.  Ha preso parte  a La Carmen e Il Barbiere di Siviglia.

Ha partecipato a una tournée concertistica in Francia e in Irlanda – quest’ultima organizzata da un’altra eccellenza lucana, il maestro Giovanni Grano, in collaborazione con L’Istituto Italiano di Cultura e con l’Ambasciata Italiana a Dublino; all’allestimento del “Sogno di una notte di mezza estate”di F. Mendelssohn al Teatro di San Carlo.

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