E se William Shakespeare si fosse ispirato a una storia raccontata in un quadro che si trova nella cattedrale di Acerenza, per scrivere la sua “Dodicesima notte”? E’ una delle affascinati ipotesi che ruotano intorno alla figura del Bardo.
Ma questa è supportata da situazioni, possibili incontri, coincidenze e tanto, tanto studio.
Cosa che Raffaello Glinni, avvocato, ma appassionato di storia locale, porta avanti da anni. Con notevoli successi e sorprese. Come, ad esempio, la certezza che Giambattista Basile – che con il suo “Cunti de li cunti” ha raccontato favole diventate celebri, in seguito, perché riprese da importanti narratori – abbia scritto le sue prime storie proprio ad Acerenza.
E che qui, che è anche il paese di nascita di Raffaello Glinni, anche se vive e lavora a Roma, ci sarebbe la tomba della figlia del conte Dracula.
E, sempre ad Acerenza, è stato trovato un dipinto su tavola, che, da alcuni studiosi sarebbe stato attribuito anche a Leonardo da Vinci.
Tutto questo ha trovato casa nel palazzo nobiliare della sua famiglia che Glinni ha trasformato in un museo delle fiabe.
Avvocato Glinni come nasce la sua passione per la ricerca storica legata al territorio lucano?
Quasi per caso. Una ventina di anni fa ho deciso di dedicare il tempo libero che avevo alle cose del mio paese. Cominciai a fare delle ricerche sulla presenza di profughi irlandesi in alcuni comuni della Basilicata. Una vicenda che risaliva alla fine del Cinquecento, inizio del Seicento. Un afflusso che era provocato dalle guerre celtiche in Nord Irlanda e i profughi di questa guerra andarono a vivere in Olanda, lì andarono a servizio dal marchese Ambrogio Spinola i cui figli divennero arcivescovi di Acerenza. Questo ha fatto sì che diverse famiglie si stabilirono in Lucania, il fenomeno divenne particolare, con molte influenze: come saprete in Basilicata c’è la tradizione dell’arpa portativa, come la celtica. E la stessa taranta lucana ha ritmi diversi da quelle che si eseguono nel resto del Sud. E’ più simile alla giga irlandese. L’influenza è stata così forte che ancora oggi, a Satriano di Lucania, ad esempio, c’è una festa dedicata a San Patrizio. Lo stesso cognome della mia famiglia, Glinni, ha origini irlandesi. Tornando alla partenza dei miei studi, un giorno venne in visita ad Acerenza l’ambasciatore irladese. Stiamo parlando del 2004. Tra gli accompagnatori dell’ambasciatore, c’era il nipote di Guglielmo Marconi, anche lui con lo stesso nome del nonno, appassionato di storia, mentre era in visita alla Cattedrale mi spiegò che aveva trovato diversi simboli che erano riconducibili ai templari. All’ingresso della cattedrale di Acerenza ce ne sono diversi, addirittura eclatanti.
Scoccò la scintilla…
Cominciai ad approfondire tutto. La cosa divenne di interesse nazionale: Maurizio Costanzo dedicò a questo tema una intera puntata del suo show e fu realizzata una mini serie di documentari che ebbero molto successo e che hanno avuto il merito di cambiare il modo di approcciarsi alla storia della Basilicata. Da lì ci siamo resi conto che questo contenitore di storie e di episodi, ci regalava, quasi a valanga, situazioni che sembravano incredibili anche a noi, a mano a mano che ne venivamo a conoscenza. Storie che erano rimastre molto sotto traccia, seppure ogni tanto, in qualche libro di storia, trovavo qualche studioso che se ne era occupato.
Tutto è legato a chi ha vissuto, negli anni, in questa zona.
Quest’area ha avuto i Normanni, poi nel 1600 è arrivata la famiglia Pinelli. Era importante, erano stati i finanziatori di Cristoforo Colombo. Dallo studio dei Templari è venuta fuori anche un’altra vicenda: il ritrovamento di un dipinto, in esposizione al Mastio della Cittadella a Torino che, tra le ipotesi di attribuzione, c’è anche quella che ne dà la paternità a Leonardo da Vinci. Anche in questo caso, sono le circostanze a rafforzarne la veridicità: ad Acerenza è accertata la presenza di Frida Tegli, toscana, era una delle migliori amiche di Leonardo. Cosimo Pinelli, che era Duca di Acerenza, si occupò molto di Leonardo con il cosiddetto Codice Barberini. E poi in Lucania c’è la leggenda della Gioconda, secondo la quale la protagonista del celebre quadro di Leonardo sarebbe morta e seppellita a Lagonegro.
Altro filone delle sue ricerche è quello che riguarda le favole di Giambattista Basile.
Basile ha scritto ad Acerenza le prime fiabe delle cinquanta che sono diventate Lu cunto de li cunti. Sono fiabe scritte nel 1634, rielaborate nell’Ottocento da Grimm e altri scrittori e diventate le più famose del mondo. Le tracce che legano Basile al territorio lucano riguardano soprattutto la toponomastica, riportata nei suoi scritti. Da questa ricerca e dai risultati che abbiamo ottenuto è nata La strada delle fiabe che sta avendo successo in Puglia e in Lucania. C’è un comitato scientifico, del quale io faccio parte, che si occupa della valorizzazione dei risultati ottenuti con le nostre ricerche.
Perché Basile si trovava in Basilicata?
Basile, fu governatore di Lagonegro. Era un grande osservatore, cominciò a raccogliere storie. Molti riferimenti si trovano nei nomi dei luoghi. Ci ha colpito, poi confermato da un capo della Forestale di Terranova del Pollino, una località: Dolce dorme, un piccolo ghiacciaio che oggi non c’è più ma all’epoca esisteva e il nome della cima, la Conca della Principessa. Le radici affondano in favole risalenti a qualche millennio prima: Pollino che deriva da Apollo, mentre la storia è molto simile alla Bella addormentata. Ritengo che lui abbia preso questi riferimenti.
La fiaba di Basile che le è più cara?
E’ la cerva fatata, uno degli episodi ripresi anche dal regista Matteo Garrone per il suo film. Anche in questa storia c’è un riferimento ad Acerenza. Racconta di una regina che non riesce a rimanere incinta. Le viene suggerito di mangiare il cuore di un drago. Nella fiaba, la regina mangia e partorisce due gemelli. Ad Acerenza esiste la credenza che se uno va a pregare l’affresco di Santa Marina di Antioca che ammazza il drago, rimane incinta. Basile ci racconta la stessa storia.
C’è una scoperta che l’ha lasciata di stucco?
La più incredibile, quella a cui ancora oggi stento a credere, anche se trovo delle prove di continuo, anche di recente, riguarda la figlia di Dracula. E’ una storia non nascosta ma passata inosservata: Maria Balsa, moglie del conte Giacomo Alfonso Ferrillo, era la figlia del principe ereditario di un territorio situato tra Romania e Serbia, Vlad III di Valacchia, meglio conosciuto come conte Dracula. Giunse in Italia come orfana,venne adottata dal re di Napoli Alfonso d’Aragona che la diede in sposa al nipote Alfonso Ferrillo.
Se ha stentato a crederci all’inizio, come fa ad esserne certo?
Ce lo dice la simbologia della Cattedrale: molti rimandano a Dracula. Entrando, in alto a sinistra c’è il blasone della famiglia Balsa che sovrasta, per rango, quello della famiglia Ferrillo. E’ un drago: lo stesso che c’è nello stemma di Vlad III appartenente all’ordine del Drago, una coalizione di nobili guerrieri nata durante le Crociate. La cattedrale ha tanti rimandi al vampirismo. All’ingresso ci sono due creature mostruose che mordono sul collo due loro vittime. Nella cripta c’è, su un bassorilievo, una raffigurazione del demone biblico Lilith, noto per comparire di notte e succhiare il sangue agli uomini. Negli affreschi l’uomo che dovrebbe raffigurare Dracula è posto di spalle all’altare, un po’ come se avesse voluto voltare le spalle a Dio. La Madonna con Bambino, raffigurata di fianco, fa la stessa cosa. Questo rimanda a quel che fece Vlad quando, secondo la leggenda, per rivedere sua moglie, uccisa dai turchi, siglò il patto con il Diavolo che lo rese un non-morto.
Ha fatto studi anche sul nome stesso del suo paese.
Il nome Acerenza, Acheron, è lo stesso nome della collina delle Piramidi. Gerusalemme ha lo stessa radice, si pensa che derivasse da luoghi sacri, nei quali c’era l’accesso all’altro mondo.
Tornando alle sue scoperte, c’è una chicca che riguarda gli occhiali da sole….
La storia ci dice che i primi occhiali da sole, furono realizzati a Venezia nel ‘700 , prodotti dalle vetrerie di Murano. Ma non è così: una fonte storica molto precisa indica come primo inventore degli occhiali da sole don Giovanni Vincenzo Pinelli .Era il
fratello del duca di Acerenza Galeazzo Pinelli. Siamo alla fine del 1500: leggeva molto, era interessato all’ottica e aveva un problema alla vista a causa di un incidente avuto da ragazzo che gli aveva danneggiato un occhio. Così si proteggeva con lenti verdi, le lenti bruciate che aveva realizzato da solo. La famiglia Pinelli era di origini ligure-toscana, arrivata al Sud perché erano banchieri. Furono i mecenati di Basile.
La sua è una continua ricerca. Così ha incontrato, lungo i suoi studi, anche legami tra Acerenza e William Shakespeare…
Ad Acerenza, nella Cattedrale, c’è un affresco: Dodicesima notte. Nella commedia di Sheakespeare il protagonista è il Duca Orsino. Nonostante il mistero su alcuni anni della sua vita, c’è il fortissimo sospetto che il Bardo abbia abitato a Padova. Lo fa pensare il fatto che parte delle sue commedie siano ambientate nel Veneto, le cui descrizioni sono accurate. In quel periodo c’era anche Vincenzo Pinelli. Era a Padova, all’università che frequentava insieme a Galileo Galilei. Il Duca Orsini shakespeariano era signore di Lyria. Gli Orsini di Bracciano hanno cercato di prendersi loro la parentela. In realtà l’unico era quello che aveva sposato la nipote di Scannemberg e in seconde nozze la figlia di Dracula. La cosa divertente è che nella ricostruzione fatta da noi, il ciclo di affreschi di Acerenza termina come costruzione logica nella Dodicesima notte, dove lei rivendica la vera identità, dove mostra il gioiello di famiglia di Dracula.La trama di Shakespeare parla di una donna che scappa, approda in Lyria, nasconda l’identità e la rivela nella dodicesima notte, l’Epifania. E’ identica.
Come potrebbe averla saputa Shakespeare? Potrebbe avergliela raccontata Pinelli che aveva fondato a Padova l’Accademia degli Oziosi, una accademia letteraria a Padova. Potrebbe aver raccontato di questa principessa che, per motivi di sicurezza avrebbe dovuto celare la propria identità. Vuole un’altra curiosità che riguarda la grande letteratura?
Mi dica.
Nel libro Dracula c’è una sola parola di latino, è Acheruntia: la famiglia dell’autore, Bram Stoker, abitava a Napoli. Bram, che conosciamo in Irlanda, si reca in Italia per far visita al padre morente. Sappiamo che fa un viaggio in treno a Melfi. Non sappiamo per cosa. Suo padre lavorava per nobili irlandesi che abitavano a Irsina. Acheruntia è una farfalla. Una falena. Non lo sappiamo, ma può aver avuto qualche contatto con Acerenza. All’ingresso della cattedrale ci sono due draghi che mozzicano un uomo e una donna. Un fregio con i caratteri misteriosi, con simboli dionisinici e un baccanale. Il nostro sospetto è che possa essere rimasto ispirato da questo.
Senta, Acerenza è nota anche per il bastone del Santo.
Il baculum. Il bastone come una bacchetta magica. San Canione è di origine gaelica, significa grande sorvegliante. In Irlanda esiste san Cannion, famoso per un bastone magico, abbiamo il sospetto che i Normanni portarono da noi questo santo. San Cannion era un druido, avevano i bastoni magici che si muovevano da soli, come quello di Acerenza.