Il senso della ricerca sta nel cammino fatto e non nella meta. Il fine del viaggiare è il viaggio stesso e non l’arrivare”. Tiziano Terzani lo diceva così, ma prima di lui, il poeta greco Costantino Kavafis, nella sua Itaca, scriveva che “Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventura e in esperienze”.

Per Tommaso, Claudio, Beatrice e Caterina, quattro giovani di Reggio Emilia dev’essere stata questa l’essenza del loro viaggio, a piedi, da una costa all’altra della Lucania.

Dallo Ionio al Tirreno, in dieci giorni, tanti incontri e tante esperienze. Al punto che una di loro, Caterina, ispirata da questa terra, prima di lasciarla ha voluto dedicarle una poesia.

E’ accaduto la scorsa estate, quando il primo lockdown era già la speranza di un ricordo e al secondo, quello che stiamo vivendo, seppure a più livelli, nessuno voleva pensare.

Il “coast to cost” lucano è stato quasi una scelta obbligata, un’alternativa a progetti più corposi ma irrealizzabili per colpa della pandemia. Una scelta ispirata anche al film di Rocco Papaleo, che quest’anno taglia il traguardo dei dieci anni.

Caterina, Claudio, Beatrice e Tommaso in una tappa del loro viaggio

I ragazzi reggiani avrebbero dovuto visitare la Terra Santa. Un progetto che i quattro, forse anche insieme ad altri compagni, avevano messo insieme nelle loro frequentazioni della parrocchia di San Pellegrino, a Reggio Emilia. Ma gli incontri, le scoperte,  i paesaggi che hanno incrociato nel loro tragitto da Policoro a Maratea, hanno riempito lo stesso quello spazio mistico che l’altra meta avrebbe sicuramente dato loro.

Una settimana in cammino, tre giorni a Maratea. E nel mezzo la scoperta di una terra e di una popolazione come non se l’aspettavano. A raccontarci l’esperienza è Claudio, studente della facoltà di architettura/ingegneria all’Università di Bologna.

Com’è nata l’idea del viaggio in Basilicata?

Lo abbiamo deciso all’ultimo momento, anche se ne avevamo parlato e lo avevamo programmato in passato, senza aver mai deciso quando saremmo andati. Il viaggio che avremmo dovuto fare la scorsa estate era in Terra Santa, non ci siamo potuti andare per la pandemia e alla fine abbiamo deciso, noi quattro, di provare questa avventura in Basilicata. Non abbiamo lasciato molto al caso, Beatrice era organizzata, insieme avevamo visto le possibili tappe da fare, dove poter dormire, le cose che c’erano da vedere.

Il viaggio è stato organizzato con un filo logico?

L’idea era di ripercorrere il tragitto del film Basilicata coast to coast, anche se lo abbiamo fatto nel senso inverso. Siamo partiti da Policoro… Il fratello di Beatrice c’era stato qualche anno fa, aveva fatto il coast to coast in bicicletta e ce ne aveva parlato molto bene. Abbiamo pensato che fosse una bella opportunità. Così abbiamo trovato dieci giorni di tempo, dribblando esami e lezioni all’Università.

Qual è stato il primo impatto con il territorio?

A Policoro siamo arrivati al mattino,  dopo aver viaggiato tutta la notte in pullman. Alla stazione abbiamo fatto colazione al bar. Un signore che era al tavolino accanto è intervenuto per raccontarci un po’ di cose della sua zona. Poi si è offerto di portarci al Lido, cioè sulla costa, che  un po’ distante dal centro. Si è offerto di accompagnarci in auto anche fino al punto che avevamo stabilito per dare il via alla nostra camminata. Il primo impatto è stato questo: abbiamo capito che la gente del posto non si faceva alcun problema, era molto socievole.

Dunque l’aspetto umano vi ha colpito subito.

Più di tutto quello. E più di una volta. Qualche sera, sorpresi dal tramonto, abbiamo cercato di raggiungere le nostre mete in autostop. Non c’è mai stato un problema. Qualcuno si è sempre fermato per darci un passaggio.

Oltre a questa sensazione cosa vi è rimasto della vacanza, cosa vi siete portati via dalla Basilicata?

Per fare una battuta direi delle belle vesciche ai piedi. L’attività fisica era l’aspetto dominante della nostra vacanza. E’ stata impegnativa. Abbiamo camminato quasi sempre su strada, sentieri per pellegrini non ce ne sono. A parte questo, ci sono rimasti dentro i paesaggi originali, molto variegati lungo  tragitto: dai Calanchi di Aliano, che sono un paesaggio lunare a Maratea con il suo mare spettacolare. Ognuna delle persone che incontravamo ci dava consigli e indicazioni di altri posti che meritavano di essere visti, ma  non abbiamo potuto farlo.

Ad esempio, cosa vi è rimasto da vedere?

In tanti ci hanno suggerito una escursione all’interno del Parco nazionale del Pollino, ma era fuori portata, ci siamo persi di sicuro dei bei paesaggi.

Come eravate organizzati per i pernottamenti?

Non avevamo in ogni luogo un posto prefissato per dormire, ma non abbiamo fatto difficoltà a trovarne ogni volta. Anche in questo caso ha prevalso la componente umana. La gente si fermava per salutarci, quando ci vedeva per strada. Ci chiedevano se avevamo bisogno di aiuto. Sono stati tutti super ospitali. Ogni sera andavamo a letto stanchi ma entusiasti.

Vi è capitato mai di trovarvi in difficoltà?

No, mai. Se è capitato è stato per nostre mancanze organizzative. Ad esempio un giorno ci siamo trovati a metà del percorso che avevamo previsto, assetati e senza acqua perché avevamo poche provviste.

Tutto questo poi, si è trasformato in un atto d’amore poetico verso la terra che vi ha ospitati: com’è nata l’idea della poesia?

E’ stata una esigenza maturata da Caterina. L’ha scritta a Maratea, nella parte finale del viaggio.

Quali sono i luoghi che avete toccato durante la vostra camminata?

Siamo partiti da Policoro, diretti verso Tursi. Siamo stati al Santuario della Madonna di Anglona, dove abbiamo dormito. Poi siamo stati a Craco Peschiera e a Craco vecchia. Da lì ci siamo diretti verso  Stigliano ma ci siamo fermati a dormire ad Aliano, un paese stupendo. Abbiamo visto la casa di Levi, ci abbiamo ritrovato i luoghi del libro. A Stigliamo abbiamo conosciuto un signore che ci ha fatto fare tutto il tour del paese. Era, un ex professore e ci ha portato in giro, abbiamo fatto colazione insieme.

E poi, com’è andata avanti la vostra camminata?

Siamo stati a Corleto Perticara e a  Guardia Perticara. Qui siamo arrivati in autobus, perché avevamo fatto tardi. E non sapevamo neppure dove andare a dormire.

E come avete fatto?

Abbiamo suonato alla casa del parroco, gli abbiamo chiesto se ci dava una stanza. Eravamo un po’ timorosi, perché con il Covid la gente avrebbe potuto essere diffidente. Invece non è stato così. Alla fine abbiamo dormito nella canonica. E il parroco ci ha anche  portato fuori a cena, ci ha presentato tanta gente del paese. Quella sera a Guardia c’era anche un evento particolare.

Di cosa si trattava?

I quattro ragazzi di Reggio nella loro tappa a Lauria, con alcuni amici conosciuti sul posto

In paese c’è un’usanza che riguarda le coppie che si devono sposare. Qualche giorno prima il futuro sposo deve andare sotto casa della sua futura moglie e deve fargli la serenata. C’era mezzo paese che seguiva il giovane che un paio di giorni dopo si sarebbe sposato. Siamo andati anche noi. Poi in paese s’è scatenata una festa, abbiamo partecipato. Il giorno dopo siamo andati a Viggiano, abbiamo visto i boschi magnifici e la Madonna, che non era stata portata al Santuario per via del Covid. Dopo Viggiano siamo stati a Moliterno. Qui abbiamo mangiato il pecorino locale e abbiamo dormito. Da qui siamo andati in autobus a Lagonegro e poi a Lauria.

Dove avevate dei contatti presi precedentemente…

Sì,  Beatrice aveva trovato un contatto, signori del paese che ci aveva offerto ospitalità nel Palazzo Vescovile. Anche a Lauria ci hanno fatto visitare il paese, ci hanno offerto la cena, c’erano delle signore che hanno cucinato per noi.

Ultima tappa Maratea…

Avevamo deciso di starci tre giorni. Dovevano essere giornate di mare, invece, sono gli unici giorni della nostra vacanza, che il tempo non è stato bello. Peccato…

 

 

 

Basilicata

Immensi

E intensi

I silenzi di questa terra

che inospitale e sensibile

ci scorta

fino a cogliere i ritmi

e i tempi di genti

che passano o restano

per amori o per odi

sinceri, talvolta severi.

E noi,

che siamo gente,

che siamo niente,

che siamo forse futuro,

che siamo forse nessuno,

sentiamo, annusiamo,

assaggiamo una terra

che è umana

ma che in ogni sua piaga nasconde

le lacrime stanche di

chi

da qua è partito

e qua vuol tornare

ma non sa

come fare.

Caterina

1 COMMENTO

  1. Complimemti ai ragazzi bolognesi per questo viaggio nella nostra bellissima terra :,,, la Basilicata,,,.. Brava Caterina per la poesia.

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