“Se ho deciso di cantare, un po’ lo devo anche ai contadini lucani”.

Sandro Giacobbe lo ha rivelato nella trasmissione “Oggi è un altro giorno” condotta da Serena Bortone, ogni giorno, su Raiuno, dove era ospite per celebrare, insieme al suo pubblico, cinquant’anni di carriera artistica.

Genovese di nascita, ma originario della lucania (la famiglia di sua madre era di Genzano di Lucania), Sandro Giacobbe davanti alle telecamere della seguitissima trasmissione targata Rai, in onda ogni giorno alle 14, ha sfogliato un suo personale album dei ricordi.

“Da bambino sono rimasto folgorato dai canti dei contadini lucani e poi, ovviamente, dai Beatles – ha raccontato l’autore di Signora Mia, Il giardino proibito, Gli occhi verdi di tua madre e tanti altri successi che lo hanno reso famoso in tutto il mondo – Erano gli anni Cinquanta e i miei genitori mi portavano per le vacanze estive in Basilicata, a Genzano di Lucania, nella casa dei nonni materni. Ricordo i carri, i cumuli di fieno, cantavano le canzoni popolari della Lucania. Mio nonno mi portava in campagna, viaggiavamo tutti insieme, sul cassone dei camion, dove erano stati adattati due panche di legno per far stare seduti durante il viaggio i contadini. E loro cantavano, durante quell’ora di viaggio. E io ascoltavo. E imparavo. Cercavo di imparare le loro canzoni, in quel dialetto. Ero piccolino”.

L’altra ispirazione è arrivata dai Beatles. “Li ho visti a Genova in concerto – ha continuato a raccontare Giacobbe – E’ stata la vera folgorazione. Arrivavano in Italia, suonavano anche a Genova, nella mia città e io feci i salti mortali per poter assistere al loro concerto. Uscii da quell’esperienza con una certezza: avrei voluto fare il musicista o, almeno, avrei voluto imparare a suonare uno strumento. A quell’epoca se si andava in giro, per la città, anche solo con una custodia di chitarra, vuota, senza lo strumento, le ragazze erano assicurate…”

Sulle sue estati trascorse in Basilicata,  Sandro Giacobbe ha continuato a raccontare i suoi ricordi. “Stavo coi nonni – ha detto su Raiuno – tutta l’estate. I miei mi lasciavano lì a lungo. Si arrivava fino alla vendemmia, al tempo dell’uva matura… Ma il ricordo più nitido è quello della mietitrice. In quegli anni si stava nei campi a giornate intere, si mieteva per una intera settimana. Mietere il grano all’epoca non era un lavoro veloce. C’erano le donne che preparavano da mangiare per gli uomini: sono immagini che ho impresse nella mia memoria e che non mi lasceranno mai”.

 

 

 

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