Tele e pennelli sono entrati prepotentemente nella sua vita. Dopo un sogno. Giuseppe Marchione è diventato pittore così, quasi casualmente. Anche se nel suo passato, i rudimenti dell’arte li aveva sfiorati, frequentando il liceo scientifico del suo paese, Genzano di Lucania.
Capitelli dorici, maschere greche. Altre figure classiche. Niente a che vedere con i ritratti che, anni dopo, sono diventati il suo quotidiano. Anche se il suo primo soggetto è stato un monte, la montagna che vedeva dalla sua casa nel Bellunese.
Quand’era un ragazzo l’arte aveva conquistato Marchione con un’altra Musa, la musica.
Con un gruppo di amici suonava, avevano messo in piedi un complesso – una band, diremmo oggi – e grazie ai matrimoni, alle altre cerimonie e a qualche concerto, è riuscito a pagarsi gli studi: dopo il liceo in Basilicata, c’è l’università.
Giuseppe Marchione è un insegnante di lettere, oggi in pensione. Una fetta della sua vita vissuta ai piedi delle Alpi, a Cortina, dove ha avuto il primo impiego da docente e dove ha formato una famiglia. Il resto lo ha dedicato al recupero delle sue radici, a Genzano, in Lucania, dove vive e dipinge. Nella sua galleria di ritratti, che sembrano foto da quanto sono reali, ci sono personaggi famosi, politici, papi – ai quali lui stesso ha consegnato le sue opere – e anche reali: Carolina di Monaco, sua sorella, la regina Elisabetta alla quale Giuseppe ha addirittura mandato la sua tela, i cantanti Arisa, Baglioni e altri. E il sindaco di New York, con origini lucane, Bill De Blasio.
E poi gente comune, come Graziella Mansi, una bambina di otto anni, uccisa, carbonizzata, dal branco che voleva violentarla. E che in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, di quest’anno, diventerà il simbolo dello sportello antiviolenza alla questura della provincia di Barletta-Andria-Trani.
Dunque, tutto parte da un sogno?
Disegnare e dipingere mi piaceva, ma non con predilezione. Da ragazzo ero appassionato di musica. Da piccolo, quando avrò avuto nove anni, ho partecipato a una selezione regionale dello Zecchino d’Oro. Venne addirittura Mago Zurlì, Cino Tortorella, a Genzano per presentarla: cercava piccoli talenti da portare all’Antoniano. Ricordo che cantai “Dagli una spinta”, era un tormentone dell’epoca. Arrivai secondo. Vinse un mio amico che andò a Bologna, ma fu eliminato praticamente subito, purtroppo. Però la musica mi è sempre servita per mantenermi agli studi, grazie alle serate che facevamo con il gruppo. Ci chiamavano anche per suonare ai matrimoni.
La “folgorazione” per le tele quando arriva?
E’ un episodio che non racconto quasi mai. Era agosto del 1990. Vivevo nella provincia di Belluno perché insegnavo lì. Lettere in una scuola media. Una mattina mi sono alzato con il desiderio di avere a che fare con i colori. Ho chiesto a mia moglie se in casa c’erano dei colori. Mi dette quelli che aveva in terza media, le tempere. Li usai per dipingere quel che vedevo intorno a me, il monte Civetta. Risultato? Mia moglie mi disse: “lascia perdere, dipingere non fa al caso tuo”.
Invece lei ha insistito?
Qualche giorno dopo era il mio compleanno, il 16 agosto. Chiesi a mia moglie di avere come regalo qualche colore, un pennello e una tela. Lei rispose: “non è meglio un orologio? Ti manca”. Ma, il giorno della festa mi arrivò un pacco con alcuni colori, qualche pennello e un cartoncino telato.
E cos’è accaduto?
Ho cominciato a prenderci gusto. Ho cominciato fare qualche quadro, a venderne alcuni e questo mi ha dato una spinta maggiore a continuare, perché potevo permettermi di farlo senza pesare sul bilancio della famiglia. Ero autonomo. Mi sono fatto da solo la mia “casa” della pittura. Ho provato diversi generi, ma dal 1994 faccio soltanto ritratti. Sono arrivate anche le prime mostre. Quando ho esposto a Cortina i miei quadri sono stati visti e apprezzati da diversi personaggi. Ricordo Marta Marzotto, Daniela Santanché. Incontrai un avvocato fiorentino, Giampaolo Olivetti Rason che mi invitò a Firenze, a casa sua. Restai una settimana. E’ stata una bellissima esperienza: una pittrice americana voleva portarmi a Los Angeles per esporre i miei quadri. Dovetti rifiutare perché avevo famiglia: due figli piccoli, allontanarmi avrebbe creato tensioni. Declinai l’invito anche del direttore dell’Accademia delle Belle Arti di San Marino, per lo stesso motivo. A Firenze ho esposto i miei quadri in una mostra nella quale Franco Zeffirelli esponeva i costumi della sua messa in scena della Bisbetica Domata. Venne a visitarla Antonio Paolucci, che era sovrintendente delle Belle Arti, si complimentò. Vennero anche le sorelle Gucci. Ci fu una media di mille visitatori al giorno.
Ha dipinto anche la Regina Elisabetta?
Sì, sempre grazie all’avvocato Olivetti Rason. Feci un ritratto alla Regina Madre, lui mi portò all’Ambasciata inglese di Firenze per consegnarlo. Glielo fecero avere, le piacque. Ho ricevuto un biglietto di ringraziamento dalla Casa Reale inglese, per quel dipinto.
E adesso è tornato sul luogo… del delitto: a Bologna, la casa dello Zecchino d’oro
, per dipingere Mariele Ventre.
E’ stata una esperienza emozionante. Un po’ faticosa per le esigenze televisive di registrazione. Ma il ritratto, che sto ancora completando è un omaggio a un importantissima figura lucana. Quella di diffondere il piacere dell’arte e della cultura è il motivo per il quale dipingo.
Non solo lo Zecchino d’oro.
No, ho partecipato a diverse manifestazioni importanti: per tre volte sono stato al festival di Sanremo, ho partecipato ad alcune edizioni di Miss Italia, sono stato ricevuto dagli ultimi pontefici.
E adesso l’ultima iniziativa è dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne
E’ un ritratto di Graziella Mansi che sarà messo allo sportello amico delle donne della questura provinciale di Bat, Barletta-Andria-Trani. Era una bambina di otto anni di Castel del Monte. Era figlia di un venditore di frutta secca, e aiutava la famiglia nella attività a pochi passi dal famoso castello. Si allontanò per andare a prendere l’acqua, ma dopo 20 minuti non fece ritorno. Cominciarono le ricerche, ma a notte fonda la macabra scoperta: quella ragazzina era morta carbonizzata nell’incendio dei resti del grano mietuto, nelle campagne poco distante al posto da dove era scomparsa. Le indagini successive hanno fatto luce sulla terribile vicenda: un giovane, che faceva il parcheggiatore abusivo nella stessa area dove la famiglia di Graziella teneva la bancarella l’aveva adescata con una scusa: “vuoi venire a vedere un cagnolino?” Le disse. E l’aveva portata in un luogo appartato. L’uomo, appena scoperto, disse che era innamorato di quella ragazzina alla quale aveva dato fuoco. Ma con il tempo la macabra verità è emersa tutta: insieme a quel parcheggiatore abusivo c’erano altre persone. Cinque in tutto, un branco. Di età compresa tra i 18 e i 20 anni. Era il 19 agosto del 2001