La data non è casuale. È lo stesso giorno in cui, trent’anni fa, Elisa non fece più ritorno a casa. Il 12 settembre. È come riprendere un cammino rimasto sospeso per tutto questo tempo. Come far rivivere Elisa, partendo dal punto in cui la sua vita è stata spezzata. Anzi, andando ancora più nel profondo.

“Sono io Elisa Claps. Nei diari inediti, sogni e speranze di una vita interrotta” di Mariagrazia Zaccagnino,  libro pubblicato da Edigrafema, è questo: il riannodare quei fili che sono stati interrotti bruscamente, per ridare un’anima – quella più vera – a una ragazza il cui destino non le ha permesso di inseguire quei sogni, di trasformare in realtà quelle speranze.

Il libro sarà presentato a Potenza, nel polo bibliotecario di via Don Minozzi, martedì 12 settembre alle ore 18 con un evento coordinato dalla giornalista Eva Bonitatibus, al quale parteciperanno, oltre all’autrice, la mamma di Elisa, Filomena Iemma, il fratello Gildo Claps, l’editrice di Edigrafema Antonella Santarcangelo, il direttore della Biblioteca nazionale Luigi Catalani, il presidente del Cestrim don Marcello Cozzi, l’autore del podcast di Sky Italia realizzato da Chora Media “Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps”, Pablo Trincia, e la referente di Libera Basilicata Marianna Tamburrino.

Elisa aveva 16 anni quando è stata uccisa nella Chiesa della Santissima Trinità in pieno centro cittadino, a Potenza. Era il 12 settembre 1993, ma i suoi resti sono stati ritrovati soltanto 17 anni dopo. In tutto quel tempo, in tanti hanno ritenuto si trattasse di un caso di allontanamento volontario. La famiglia Claps non ha mai creduto a tale versione, continuando a lottare per arrivare al suo assassino e alla verità.

La giornalista Mariagrazia Zaccagnino autrice del libro Sono io Elisa Claps

Mariagrazia Zaccagnino, è una giornalista professionista, laureata in Scienze della Comunicazione, un master in Criminologia e scienze investigative, che oggi lavora all’Ufficio Stampa della Regione Basilicata e si occupa di podcast, coi quali ricerca e racconta storie ed eccellenze. Vanta collaborazioni con quotidiani locali e settimanali nazionali, agenzie di stampa e tv, una esperienza con l’associazione “Libera” in Basilicata per la quale ha curato la comunicazione e un laboratorio di giornalismo d’inchiesta. Con questo libro aggiunge un altro mattoncino alla difficile e aspra strada percorsa dai familiari di Elisa nella ricerca della verità.

Perché nasce questo libro?

Per raccontare una Elisa Claps inedita, che non conosce nessuno. A parte sua madre Filomena e adesso me, quei diari non li aveva letti nessuno, neppure i fratelli che avevano il timore di entrare troppo nell’intimità della sorella scomparsa. Era un desiderio di mamma Filomena: ci teneva moltissimo a far conoscere quella che è stata davvero Elisa, la figlia, la sedicenne e non solo il cadavere ritrovato nel sottotetto di una chiesa. Di Elisa si è parlato da quel 12 settembre del 1993 in poi, cioè da quando era già morta. È stata descritta anche nei suoi aspetti più macabri. Dei suoi sedici anni vissuti non ne ha parlato nessuno se non la madre che si è sforzata di raccontare chi fosse stata questa ragazza nella sua vita. Poteva sembrare la solita madre che cerca di parlar bene della propria figlia e non sempre è stata creduta. Ma lei lo ha sempre sottolineato, Elisa era buona e generosa.

Ed è così? Che immagine emerge dai suoi diari?

Leggendoli ho capito che ciò che ha sempre fatto Filomena non è solo la descrizione di una madre innamorata della figlia ma corrisponde davvero alla realtà. Elisa era una ragazza speciale. Siamo coetanee, quando ho letto i diari sono tornata alla mia adolescenza: alcune sensazioni di allora le ho rivissute attraverso i suo scritti; in altre situazioni mi sono resa conto che lei aveva una sensibilità, una coscienza, un livello di empatia che non sono comuni a quell’età.

Non ha mai avuto timore nel raccontare la parte più intima di una ragazza di 16 anni uccisa?

Ho avuto qualche remora iniziale sempre per la preoccupazione di invadere la privacy di questa ragazza. Ma poi ho superato queste barriere e ho deciso di scriverne. Filomena, che oggi ha 86 anni, mi ha espresso una sua preoccupazione che ho subito condiviso: cioè il fatto che dopo di lei nessuno si sarebbe più ricordata di Elisa per com’era davvero in vita.

È stata mamma Filomena a volere la pubblicazione di questi diari?

Lo ha fatto con un invito anche un po’ celato. Mi diceva spesso “ti farò leggere i diari di Elisa”. Quando lo ha fatto, restituendoglieli le ho detto “Filomena che dici se scriviamo qualcosa insieme per lasciare una memoria di Elisa?” La sua risposta è stata immediata: “Mi faresti un grande regalo. Fallo, anche quando io non ci sarò più, ma fallo”. Quando mi ha detto così ho pensato alla sua età, a tutti i dispiaceri che ha dovuto affrontare, a quelli che ancora oggi deve sopportare, come la riapertura della chiesa che è un affronto alla memoria di Elisa, allora non ho perso tempo e ho deciso di mettermi al lavoro.

Avete scelto per la presentazione lo stesso giorno, il 12 settembre, in cui trent’anni fa Elisa scomparve.

La data è un simbolo, quasi per far tornare in vita la memoria di Elisa. Non potendo far rivivere lei, lo faremo attraverso i suoi scritti, i suoi pensieri, le sue emozioni.

Elisa, in quei diari è una sedicenne di trenta anni fa: che differenza ha trovato con gli adolescenti di oggi?

Elisa era una ragazza che aveva una capacità di entrare in empatia con gli altri. Le faccio un esempio: al primo anno di liceo, al quarto ginnasio, lei era stata promossa ma non riusciva a godere della sua promozione preoccupata e addolorata del fatto che una sua amica fosse stata rimandata. Aveva una coscienza sociale: quando ci sono state le stragi di via D’Amelio e di Capaci lei ne ha sofferto tantissimo. Ne ha scritto per giorni e giorni e in occasione degli anniversari riportava sui suoi diari i ritagli dei giornali. Era molto indignata. E poi emerge una fede profondissima. Anche i fratelli, leggendo i diari, si sono sorpresi di questa fede. La sua era una famiglia cattolica ma lei si rivolgeva direttamente a Dio nei suo i scritti, era grata per la vita che aveva, per la sua famiglia. Era una ragazza semplice, ma di quella semplicità che non è mai banalità perché era molto, molto profonda. Non so se i ragazzi di oggi esprimono pensieri intimi così intensi. Me lo auguro. Noi ci auspichiamo che le nuove generazioni siano sempre migliori di quelle precedenti. Però il livello di sensibilità e la profondità che emergono dagli scritti di Elisa, non sono comuni. Io stessa non l’avevo a quell’età. Ecco perché chi l’ha conosciuta, i suoi familiari e gli amici di infanzia, dei quali nel libro pubblichiamo una lettera, non hanno mai creduto all’allontanamento volontario. Conoscendola sapevano che era una ragazza senza grilli per la testa, che non era sofferente per la sua vita a Potenza, per la sua famiglia.

Una famiglia che, dopo la scomparsa di Elisa ha dovuto subire molte angherie.

Sì, ha dovuto fare i conti con il dolore, ma anche con l’indifferenza e la cattiveria della gente. Hanno detto che Elisa era andata via volontariamente, che era maltrattata in famiglia, addirittura abusata. Cattiverie infondate che non sono arrivate solo dalla gente ma anche da chi avrebbe dovuto essere al  fianco della famiglia per far emergere la verità. La famiglia è stata devastata. Ho cominciato a chiedermi dove Filomena avesse trovato la forza per reagire a tutto questo, da quando sono diventata madre anche io. Ho cercato di indagare, nel mio intimo, come una mamma abbia fatto a sopravvivere e a portare avanti la battaglia finalizzata alla ricerca della verità che tuttora non è terminata.

C’è uno scritto, un episodio, un pensiero che le è rimasto dentro più degli altri, in quei diari?

Devo dire che ho fatto una grande selezione. Ci sono pensieri intimi che devono rimanere tali, che nulla aggiungevano e nulla toglievano al racconto della personalità di Elisa. Ho riportato passaggi che fanno emergere questo ma la sua intimità non l’ho toccata. Mi sono immedesimata: se fossi stata io al posto di Elisa non avrei voluto che certi scritti di quei diari si sapessero. Fanno parte della sfera più intima, come quando parla delle sue amiche. C’è però una cosa che mi è rimasta impressa più delle altre. Un racconto che Elisa ha cominciato a scrivere come se fossero semplici annotazioni. Poi quei pensieri sono diventati un testo breve che lei ha intitolato “Le tre stagioni” ed è quasi un presagio a quello che le è accaduto. Quasi un manifesto.

In conclusione, qual è il ruolo che da autrice assegna a questo libro?

Ritengo che sia un grande dono a Elisa: le restituiamo dignità. Un dono a mamma Filomena che ci teneva tantissimo ma anche a tutta la collettività che si potrà rendere conto del perché la famiglia ha continuato a lottare in tutti questi anni: sapeva che la figlia non si era allontanata volontariamente e lottava perché si facesse piena luce sull’accaduto.

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