Certe volte i successi arrivano per caso. Altre sono il frutto di passione, di studi, di ricerche, di sperimentazione. Salvatore Capalbi, il titolare della Fattoria Donna Tina di Stigliano, ha unito tutto questo a una sua innata curiosità per il nuovo, alla voglia di abbattere i confini. Quelli fisici, mentali e soprattutto quelli territoriali. Già, perché alla base delle ricerche che gli hanno permesso di ampliare il “paniere” dei prodotti che con la sua attività riesce a offrire, c’è proprio questa esigenza: andare oltre il proprio territorio, quello geografico. Anche con prodotti che, per le loro caratteristiche, hanno tempi brevi di vita.
Una sfida che Salvatore ha superato egregiamente e che ha permesso alla sua azienda, biologica e tradizionale, di avere alcune produzioni che, ancora oggi, sono uniche nel mercato internazionale.
E questo percorso, su un terreno innovativo, sconosciuto, tutto da esplorare comincia con il latte di asina?
«Nasciamo come una azienda agro-zootecnica tradizionale. Siamo nell’alta collina materana, a Stigliano, siamo una azienda agricola certificata biologica. Ci siamo sempre dedicati alla coltura di grano e olive, all’allevamento di ovini e caprini. Col tempo, facendo delle ricerche, abbiamo visto che l’utilizzo di latte di asina poteva essere una valida alternativa per il nostro territorio e una nuova fonte di entrata per l’attività. Abbiamo preso le prime asine e siamo partiti con l’obiettivo di produrre latte da vendere fresco. È un latte buono soprattutto per l’alimentazione dei bambini: è digeribile, ha meno grassi del latte di mucca e, al gusto è, per dirla in parole semplici, come un latte vaccino annacquato e un po’ dolce, come se avesse un pizzico di zucchero».
Poi però, siete andati avanti nelle ricerche.
«Ci siamo resi conto, facendo degli studi, che il latte non solo poteva esser utilizzato fresco, per alimentazione, ma che è un alimento molto versatile, adatto per diversi utilizzi. E all’inizio abbiamo creato una delle prime linee cosmetiche con latte di asina esistenti sul mercato. Oggi ce e sono tante. Poi dalla cosmesi abbiamo cominciato a capire anche come utilizzarlo nel settore dell’alimentazione: abbiamo prodotto i primi gelati, gli yogurt e i primi dolci. Ci siamo resi conto che era un valido, anzi un ottimo latte. Che poteva sostituire di gran lungo il latte vaccino con prodotti più salutari e soprattutto leggeri. I nostri gelati erano leggerissimi come gusto e per digeribilità».
Dai gelati siete passati alla cioccolata
«Volevamo qualcosa ce si potesse portare fuori dai confini territoriali, regionali. Il latte di asina ha un solo vincolo: dopo la pastorizzazione dura appena quattro giorni. Poi si perdono le proprietà. Volevamo capire come poter allungare questo tempo, che ci avrebbe permesso anche di proporre i nostri prodotti su mercati più distanti. Ci siamo chiesti: come facciamo? Abbiamo cominciato a fare il latte in polvere, liofilizzato, e i primi risultati sono arrivati. Adesso potevamo allargare un po’ di più i confini dei nostri mercati, arrivare più lontani, persino all’estero, i prodotti avevano vita più lunga. Abbiamo continuato a fare ricerche, ci siamo resi conto che la classica tavoletta di cioccolata, che può viaggiare a temperatura ambiente, poteva essere prodotta. Abbiamo utilizzato un ottimo cacao, accoppiato al nostro latte: ne è venuto fuori un prodotto eccellente, che ha ottenuto anche diversi riconoscimenti. È fatta con oltre il 60 per cento di cacao importato direttamente dal sud America, con aggiunta di circa il trenta per cento di latte di asina. Il primo ingrediente è la pasta di cacao, c’è pochissimo burro di cacao che ci permette di avere una cioccolata artigianale di altissima qualità, scuro come il fondente, ma dolce come la cioccolata al latte».
Il vostro percorso di studi e ricerche non si è concluso qui….
«Ci siamo sempre chiesti come andare avanti nelle nostre sperimentazioni. E la scorsa primavera abbiamo provato a fare una spalmabile. Da ottobre è stata lanciata sul mercato una crema spalmabile con crema di nocciola al 40 per cento e latte di asina al 30 per cento. Questo ci porta ad avere ancora un prodotto unico nel mondo, perché non esiste un prodotto simile fatto con latte di asina. Dal prossimo anno utilizzeremo le nocciole made in Basilicata, per produrla. E le novità non finiscono. Nella primavera 2024 vogliamo lanciare sul mercato una linea di formaggi con il latte di asina. L’azienda Donna Tina è stata una dei partner del progetto Innoprolatte finanziato dalla Regione Basilicata e in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata abbiamo studiato la fattibilità di utilizzare il latte di asina come ingrediente nella produzione di formaggi».
Dove si trovano i vostri prodotti?
«Riusciamo a vendere i nostri prodotti sia in Italia che all’estero. Sono disponibili nei punti vendita, gastronomie, enoteche, boutique del gusto o sul nostro sito e-commerce. Dal 2023 siamo anche presenti nelle migliori farmacie».
Oltre agli studi, alle sperimentazioni e all’utilizzo del latte di asina, la Fattoria Donna Tina resta, tuttavia, una fattoria tradizionale.
«Intanto utilizziamo gli animali anche nella produzione agricola. Al fianco di questi prodotti innovativi conserviamo la produzione tradizionale mediterranea: la pasta, le farine, gli oli di oliva, il miele. Seminiamo il grano, lo trasformiamo in farine e semole. Queste ultime vengono usate per la produzione di pasta secca, abbiamo creato una linea di farine per pane, per pizza, per pasta fresca casalinga, quella che facevano le nostre nonne. Abbiamo una linea integrale e soprattutto siamo una delle pochissime aziende in Italia che produce farine per dolci da grano duro. Il grano che seminiamo è tutto Senatore Cappelli».
Anche qui, però, la produzione è condizionata dalle vostre ricerche?
«Per dare ancora più vita a queste farine che hanno problemi naturali di conservazione, abbiamo deciso di produrre dei taralli. Sono prodotti semplici, nati da una ricetta che vedevo fare a mia nonna: farina, olio, sale e qualche goccia di vino. Poi la cottura. Produciamo un tarallo tradizionale e altri con alcuni aromi: finocchietto selvatico, cipolla, peperoncino, cacio e pepe».
E poi il miele, le marmellate.
«Abbiamo le api, le utilizziamo per le impollinazioni delle piante che abbiamo nel campo e che utilizziamo per l’alimentazione degli animali. Le arnie le spostiamo periodicamente anche per avere ulteriori varianti di miele. E abbiamo aggiunto qualche marmellata artigianale. È stato solo per dare un’offerta maggiore ai nostri clienti, soprattutto per l’estero, dove riusciamo a offrire un paniere completo dei prodotti della nostra terra, prodotti nella nostra terra».
Come nasce la passione personale per la ricerca?
«Ho un background da ingegnere. Fin dall’università ho avuto la passione per la sperimentazione. Non a caso ho sperimentato questi prodotti. E poi da piccolino, già da allora ero curioso, smontavo i giocattoli per ricreare qualcosa di nuovo, magari in modo diverso. La passione per la sperimentazione mi porta ad affrontare nuove sfide. Fa parte del mio carattere. Ancora oggi. E poi qui abbiamo la fortuna di avere delle materie prime eccellenti: sono alla base della mia attività. Ho sempre provato a creare cose nuove conservando le tradizioni tipiche locali. Non sono mai andato a cercare cose che arrivano dall’altra parte del mondo. Ritengo che ci sia tanto da esplorare, ancora: molte risorse che a volte sono disponibili addirittura gratuitamente e che hanno potenziali altissimi. E che non vengono sfruttati a dovere».