Quella di Gabriele Tucci è la storia di tanti giovani del nostro meridione che se ne vanno dalla propria terra solo perché costretti dalla mancanza di prospettive di vita professionali.

Gabriele Tucci in arte Il responsabile delle Acque

Gabriele nella sua Nova Siri, dov’è nato 30 anni fa, ci sarebbe rimasto, se il mestiere che ha scelto, la professione alberghiera, gli avesse garantito stabilità per tutto l’anno e non solo nei mesi estivi. Invece, da una decina di anni vive a Firenze, dove ha raggiunto un fratello maggiore, che già viveva in Toscana; dove ha messo su casa, grazie a una maggiore stabilità lavorativa e dove ha continuato a coltivare la sua grande passione, la musica. Prima in un gruppo, con il suo amico del cuore, poi da solista. E con un nome tutto nuovo, che è quasi un programma, “Il responsabile delle acque”, ha pubblicato da poco il suo primo lavoro “Supernova”, dal quale sono già stati tratti alcuni inediti che si possono ascoltare sulle maggiori piattaforme.

Quando nasce la passione musicale?

Nemmeno mi ricordo come ho cominciato. Direi da sempre. Ricordo che una volta ero nella vasca da bagno e cantavo “Con te partirò” di Bocelli. Avevo dieci anni. Mio padre si accorse che ero intonato. Mi disse che avrei dovuto prendere lezioni, ma io non ero molto convinto. Colpa della mia timidezza, mi vergognavo di tutto: ho fatto fatica anche a mettere gli occhiali, perché ci vedevo poco, sarei diventato il “quattrocchi” della classe.

Quindi ha continuato, come tanti di noi, a esibirsi in bagno?

Sì, il bagno è il luogo migliore per esibirsi, il mio, poi, aveva una acustica particolare. La passione nasce così. Poi è stato merito di un professore delle medie che insegnava a Nova Siri, in seconda o terza media disse a tutti di tornare dalle vacanze di Natale, con una canzone scritta, testo e melodia. All’epoca, anche se la tecnologia stava avanzando, non ho potuto fare conto su un computer portatile.  Mi sono dovuto arrangiare con un piccolo registratore a pile, di quelli che gli studenti universitari si portavano dietro per prendere appunti durante le lezioni. Ricordo che ne avevo uno in casa, mi sembrava di aver scoperto l’America. Divenne il mio studio di registrazione. Al rientro dalle vacanze, però mi accorsi che ero l’unico ad aver svolto il compito. Non lo aveva fatto nessuno dei compagni. Non lo ricordava neppure il professore. Restai con quella registrazione che nessuno ascoltò. Ma io intanto ci avevo preso gusto, mi ero divertito e provai anche in seguito a scrivere canzoni. Soprattutto testi.

Poi è nato il primo gruppo.

Con Manuel, il mio amico di sempre, che era fortissimo nel suonare il pianoforte, decidemmo di entrare nel coro della scuola. Eravamo gli unici due intonati della classe, per mettere insieme un gruppo raccattammo altri ragazzi dalle altre classi. E grazie al professore, andammo a fare un piccolo tour dei paesi della costa ionica, soprattutto nelle chiese, facendo le canzoni di Natale. Furono le prime esibizioni. Con Manuel abbiamo formato un gruppo, I fuori dagli schemi, che è durato dal 2008 al 2022. Abbiamo partecipato a tante trasmissioni in radio e tv locali e fatto molte esibizioni. Poi la vita professionale ci ha divisi: lui è diventato ingegnere elettronico ed ha seguito la sua strada. La musica era solo una passione.

Per lei non è mai stata un hobby la musica?

No, ho sempre sentito la necessità di fare musica, a prescindere dal fatto che fosse un lavoro oppure no. Così ho deciso di continuare da solo. Dal 2022 fino a oggi ho scritto l’intero album in qualche mese, poi l’ho fatto arrangiare da un collega. Grazie a lui riesco ad avere anche un sound più fresco. Io sono un millenial, appartengo alla vecchia generazione. I giovani, quelli della generazione Z, nel confronto, danno maggiore freschezza alla musica e ai testi che scrivo io.

Ed è arrivato anche il cambio di nome: Il responsabile delle acque. Curioso.

La copertina del disco Supernova

In realtà me l’hanno dato. Un altro lucano. Quando sono arrivato a Firenze, nel primo impiego, in un albergo della città ho incontrato un maitre di sala,  di San Mauro Forte, che vedendo il mio impegno lavorativo, la mia voglia di integrarmi nella brigata di sala e, vedendo che ero intraprendente, si inventò la mansione del responsabile delle acque. Mi occupavo dei vuoti a rendere, controllavo i carichi che arrivavano, per lo stivaggio, controllavo quando finivano, quando andavano ordinati. Mi nominò “Responsabile delle acque”. Sapevo che era una messa in scena, ma mi divertiva. Ed è diventato il mio nome d’arte.

Quali sono i cantanti che la ispirano?

Intanto mi sforzo ad essere autentico, che è la cosa essenziale. E un certo accostamento alla musica dei cantautori italiani, è un vanto. C’è Mariapaola, la canzone che parla di una prostituta,   che segue molto il filo logico della canzone di De André “Bocca di Rosa”. Ma anche canzoni di Dalla come “Disperato erotico stomp” e la meno conosciuta “Nanì” che portò a Sanremo David Carone. Ma mi ispiro anche a cantanti un po’ meno impegnati di De André: Giuliano Sangiorgi dei Negramaro che ha una bella penna e anche una bellissima voce, gli Afterhours e i Baustelle. Ho sempre ascoltato tanto  Venditti, Antonacci, il Baglioni degli anni Ottanta e Novanta. Anche Rino Gaetano.

Che vita avrà questo disco, Supernova?

Il nome che gli ho dato, parla di una stella che esplode e sprigiona una luce che poi è destinata a scomparire. La speranza è che faccia il botto e poi piano piano, come tutte le belle cose, possa andare a spegnersi per lasciare il posto a cose nuove che riuscirò a creare.

C’è un incontro che ha lasciato il segno nel suo percorso di musicista. Quello con  Paolo Nutini e quel consiglio che le dette.

L’ho incontrato nel 2019. Lui aveva pubblicato il suo  ultimo album nel 2014, fece una tournée subito dopo e poi per alcuni anni non si fece più vedere. Venne a Firenze per partecipare a un matrimonio privato. Era a dormire nell’hotel dove lavoravo in quel periodo. Lo incontrai e gli chiesi alcune cose. Era semplice e umile, a dispetto del suo calibro internazionale. Pensai che fosse un segnale, un mio giorno fortunato. Ci facemmo una foto, che pubblicai sui miei sociali. Gli dissi che facevo musica, lui mi consegnò questo consiglio. “Dimenticati che scrivere e cantare canzoni possa essere un mestiere, un motivo per fare soldi. Devi farlo prima di tutto per te, per un tuo sfogo”. Mi ha ripetuto almeno una quindicina di volte la parola freedom, cioè la necessità di sentirsi liberi. Parole di cui faccio tesoro.

 

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