Adelmo aveva diciotto anni. Era il più giovane dei confinati in Basilicata.Il suo reato? Era omosessuale. E, come lui, Giuseppe, morto suicida a 22 anni o Catullo, che ha 51 anni quando per la seconda volta viene mandato al confine. I loro nomi, le loro storie e i loro volti fanno parte di una mostra, appena ospitata a Verona e ora a Trento, che è solo uno dei capitoli di un corposo studio sui confinati in provincia di Matera, condotto da Cristoforo Magistro (nella foto centrale sotto il titolo), insegnante lucano che dagli anni Settanta vive a Torino. “Sono nato a Montescaglioso _ racconta _ sto a Torino dal 1972. Qua ho finito l’università ed ho cominciato a lavorare. Sempre nella scuola. Alle medie prima, poi ai corsi di educazione per gli adulti, le cosiddette 150, diventate poi Centro di educazione permanente avendo come utenza privilegiata gli stranieri. E’ stata un’attività interessante. Ma ho continuato coltivare interesse per la Basilicata. La mia tesi di laurea in Storia contemporanea era sulle occupazioni delle terre. Poi mi sono interessato al fascismo in Lucania e a Nitti, all’emigrazione, al Brigantaggio”.

Tra i giovani omosessuali mandati al confino in Basilicata c’era pure una donna: Gilda, direttrice di una casa di appuntamenti tra uomini a Verona. Fu condannata a tre anni di confino. E mandata a Genzano.

Come nasce la mostra?

A un certo punto della mia vita avevo deciso di guardare il Fondo confinati di Matera, perché ero insoddisfatto di quel che era stato fatto fino ad allora: il libro “Provincia di confino” di Leonardo Sacco parla soprattutto dei confinati illustri e soltanto dei politici: a quelli comuni non c’è accenno. Quindi mi sono messo a guardare integralmente questo materiale enorme, interessantissimo, tenuto malissimo e mi sono reso conto che era di grande interesse ma che non andava presentato in maniera generica. Per cui ho fatto un primo lavoro sulle donne al confino. Lo avevo fatto per la mia scuola. Riscosse molto interesse: dalle zingare alle prostitute alle abortiste, alle mafiose. Molte categorie. Mi ero reso conto che presentata per temi diventava tutto molto più interessante.

Così si è interessato anche ad altre categorie di persone?

Una volta ho raccontato con un articolo gli zingari al confino. Era una categoria particolarmente delicata da sistemare sul territorio: per quanto sembri paradossale non c’erano gli stessi problemi per i mafiosi. Ne arrivarono tanti, anche Mammasantissima, il gotha mafioso. Questi non creavano problemi, non si ubriacavano, non disturbavano le donne. Erano i pupilli delle autorità della polizia locale, spesso chiedevano che alcuni fossero prosciolti in anticipo.

Zingari e omosessuali erano i più difficili da sistemare, per motivi diversi.

Gran parte degli zingari furono inviati ad Accettura: facevano la vita che avevano fatto in precedenza. Avevano un sussidio che diventò presto irrisorio: 5 lire al giorno. Forse non nel 1926, ma venti anni dopo ci si comprava a malapena due uova e un chilo di pane.

Problemi di sistemazione anche per gli omosessuali?

Per alcuni anni era stato prefetto della Provincia di Matera, un ex giornalista socialista Ottavio Dinale, amico e portavoce di Mussolini. Conosceva bene la Basilicata, amante dell’arpa di Viggiano, come giornalista usava lo pseudonimo di Farinata. Viene mandato dal Duce a sistemare un po’ le cose: lui arriva e dice meglio che non vengano mandati gli omosessuali. C’era una specie di accordo per avere solo politici. Questo prefetto diceva: gli omosessuali non devono assolutamente venire qua, sono pericolosi. Proponeva che fossero deportati nelle isole.

Ieri come oggi: questi confinati arrivavano nei paesi lucani e venivano preceduti da un bagaglio di pregiudizi e preoccupazioni..

Non si avvera quasi nessuna delle loro preoccupazioni: non aumentano i casi di aborti perché ci sono le abortiste. Anzi, alcune delle levatrici abortiste, diventano levatrice. Ostetriche condotte, qualcuna si fermò anche dopo. Furono richieste esplicitamente.

Un esempio di integrazione?

Un tema vasto, interessate. Posso dire con assoluta sincerità è che possiamo essere orgogliosi di come la nostra gente, quella comune, accolse queste persone. Ovviamente, ci furono i fanatici, i fascisti o il carabiniere esaltato che non fece passare guai a qualcuno dei confinati. Alcuni che si lamentavano perché questi gli toglievano lavoro.

Ed era così?

Arrivarono degli scalpellini molto bravi. Uno che poi fu mandato ad Accettura, diventò un pittore importante, espose alla biennale di Venezia. Era uno slavo. Quando stava ad Accettura era andato a lavorare nella bottega di un mastro d’ascia: facevano carri, botte, scale. Un contadino aveva chiesto al titolare di costruirgli una bara per una bambina. lUI rispose di non avere tempo e questo giovane slavo decise di farla lui: fece una bara molto bella, dipinta. Suscitò l’ammirazione di tutto il paese e tutti ordinarono i mobili a questo.

Adelmo e gli altri: c’è una storia che le è rimasta addosso?

Un ragazzo siciliano di 21 anni, uno studente universitario, era stato beccato a Roma con e poi viene nascosto altrove. Si facevano carte false per coprire personaggi di una certa levatura. Alla fine tutto questo fu una ramazza sociale per nascondere la marginalità: ubriachi, matte, prostitute…La scoperta fatta in questa ricerca uscirà un libro a metà giugno. Lui aveva lavorato all’archivio di Stato e aveva trovato 180 casi in tutto. Io ne avevo mandati una trentina di casi dei miei e lui on ne aveva neppure uno.

La sua è una ricerca compiuta?

Sugli omosessuali, per quanto riguarda Matera ho visto tutto. Per Potenza è un po’ diverso io ho difficoltà a spostarmi. A Matera 90 pacchi. A Potenza ce ne sono 30. Una parte furono distrutti dal bombardamento del 1943. A Potenza è stato fatta una divisione tra confinati politici e confinati comuni e poi nei fascicoli materani c’è di tutto, conservato malissimo ma c’è di tutto. Il fascicolo di Carlo Levi,ad esempio, è stato razziato. I fascicoli di Potenza sono sintetici, essenziali. Sarebbero da guardare tutti, nei primi anni anche agli omosessuali si dava la qualifica di confinati politici. In totale dalla Basilicata sono passati una ottantina di omosessuali: alcuni subito da noi, una trentina, quando nel giugno luglio del 1942 sgombrarono le isole, furono spostati in Basilicata.

La scelta dei comuni aveva un criterio?

Era fatto dal ministero degli interni: la questura raccoglieva denunzie anonime, poi presentava alla commissione provinciale il caso. E la commissione si riuniva: in teoria era appellabile ma non serviva a niente. Dopo la delibera della commissione sul tempo di confino (prima la diffida, poi ammonizione e poi il confino): da 1 a 5 anni. Nel periodo della guerra si andava direttamente al confino.

Parliamo della mostra…

La mostra riguardava 28 casi, poi ho notato che per alcuni l’omosessualità riguardava la seconda imputazione (lo era per fascisti, gente che si era distinta in guerra) e quindi il numero  cresciuto.

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