Ci sono eventi che, inaspettatamente, diventano veri happening culturali. E’ accaduto l’altro pomeriggio nella sala consiliare del Quartiere 4, all’interno di Villa Vogel a Firenze, dove si presentava il libro Georges Brassens, amico mio, scritto da Beppe Chierici, attore, cantante, traduttore dei brani dello chansonnier francese e pubblicato da Franco Villani editore.

Il tutto grazie alla spinta propositiva del giornalista-scrittore-critico musicale Giancarlo Passarella (che nel libro scrive un’introduzione, oltre che un’intervista a Beppe Chierici), che insieme al presidente del Quartiere 4 Mirko Dormentoni ha fatto da padrone di casa. All’evento sono intervenute anche Barbara Innocenti, docente e ricercatrice dell’Università di Firenze e Antonella Di Noia, presidente dell’Associazione culturale Lucana Firenze.

Già, perché il filo conduttore della serata è stata proprio la Basilicata: George Brassens ha animo e origini lucane anche se nacque a Sète cittadina portuale della Francia Meridionale. Figlio di Jean-Louis Brassens, un muratore francese, ateo e anti-clericale, e di Elvira Dagrosa, una casalinga italiana, la cui famiglia ha origini per metà napoletane e per l’altra metà lucane: Elvira era originaria di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza. Era cattolica e aveva alle spalle un matrimonio: era vedova di guerra e aveva avuto, dal suo primo marito, una bambina. Simone Cazzani.

Georges Brassens respirò musica fin dalla sua infanzia: la madre amava la musica, che fosse classica, lirica o popolare. Amava le canzoni napoletane. Le cantava, ne scriveva i testi in un quaderno che teneva gelosamente conservato in un armadio. Amava il suono, tutto partenopeo, del mandolino.

Questo è stato il primo strumento sul quale Georges ha cominciato a prendere dimestichezza con la musica, prima di passare alla chitarra con la quale si accompagnava.

Ma fu grazie a un professore del liceo, Alphonse Bonnafé, che Brassens venne a contatto con la poesia francese e cominciò a scrivere testi.

In terza liceo fu sospeso perché accusato da alcuni compagni di essere l’autore di alcuni furti di denaro ai danni dei suoi compagni più benestanti, così andò a lavorare con il padre che aveva una impresa edile.

Nel 1940, Brassens si stabilì a Parigi, Ave a 18 anni, andò ad abitare a casa di una zia. E per vivere andò a lavorare nello stabilimento della Renault. Ma non abbandonò mai le sue passioni per la musica, per la poesia, per la letteratura:

Durante la guerra la fabbrica di automobili nella quale lavorava venne bombardata. I tedeschi entrarono a Parigi e Brassens tornò a Sete, dalla sua famiglia.

Tornò a Parigi dopo l’armistizio. Nel 1942, a sue spese pubblicò le sue prime raccolte di poesie, l’anno dopo in seguito a una imposizione dei tedeschi al governo francese, Brassens tornò a lavorare in fabbrica, alla Bmw, destinato nel campo di lavoro di Basdorf, località vicina a Berlino.

Qui conobbe Pierre Onteniente, prigioniero come lui, il quale diverrà uno dei suoi migliori amici e il suo uomo di fiducia.

Nel 1944, approfittando di una licenza di quindici giorni, Brassens tornò a Parigi, dove si nascose presso i coniugi Jeanne e Marcel Planche, figure fondamentali per la vita e l’opera del cantautore; fu a loro, la sua nuova famiglia, che Brassens dedicò alcune canzoni.

Dal 1946 cominciò a collaborare al Libertaire, rivista anarchica.

Nel1947, Brassens pubblicò il suo primo romanzo,La lune écoute aux portes; nello stesso anno, scrisse alcune tra le sue più grandi canzoni, come Brave Margot, brano che ha ispirato Fabrizio De Andrè per la sua Bocca di rosa.

Negli ultimi anni, i problemi di salute l’avevano fatto invecchiare prematuramente: nel 1973 disse addio alle scene, con un’ultima tournée in Francia e in Belgio e pubblicando il suo penultimo disco, Fernande.

Il 29 ottobre 1981, Georges Brassens si spense all’età di sessant’anni.

IL LIBRO DI BEPPE CHIERICI.  La bravura di un genio si vede anche nelle piccole cose: un leggio, un impianto suono improvvisato, più adatto alle conferenze politiche che all’esibizione di uno chansonnier, poche basi e tanta emozione. E’ il cocktail che ha saputo confezionare Beppe Chierici, nella sala consiliare di villa Vogel, per raccontare il suo amico Brassens. Uno che, come dice lui stesso “ ha pesato sulla mia vita onorandola ed esaltandola”.

Il libro è la conferma di questo. “Ho tradotto e interpretato le 175 canzoni di Brassens. Sono ossessionato dalla volontà di non tradire l’autore, di essergli fedele nei miei tentativi di trasposizione letteraria e ritmica della sua immortale eredità”.

Il libro, in pratica, è la sintesi dell’attività di chansonnier di Beppe Chierici. “Ho cercato di farlo scoprire alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso cantandolo come meglio potevo attraverso le sue stesse parole”.

C’è una cosa che unisce le vite di Brassens e Chierici. Entrambi sono arrivati a Parigi giovanissimi “Ho scoperto Brassens arrivando a Parigi, a 19 anni, dopo una esperienza in marina a Taranto. Scelsi di andare a Parigi dopo la scoperta di orizzonti immensi e il rifiuto della stupida e fascistizzante disciplina militare di quegli anni. Mi scoprii libertario e  giurai di esserlo per tutta la vita. Scelsi di andare in Francia, il paese dei diritti  umani”.

Racconta ancora Chierici: “Ricordo il primo disco acquistato, era a 78 giri. Poi i 33 e i 45. Li ho portati ovunque: il mio Brassens me lo sono ascoltato e centellinato ogni sera. Poi ho cominciato a tradurlo mentalmente durante ogni attività giornaliera. Ho cominciato a tradurlo sulla carta quando mi accorsi che canticchiavo in italiano i versi di alcune sue canzoni”.”Di Brassens mi ossessiona la rima. La rima è, probabilmente, il segreto grazie al quale dove si parla francese tutti conoscono le canzoni di Brassens e le cantano. Tutti: ricchi, poveri, letterati e incolti”.

“IL MIO BRASSENS”. “ Georges si scriveva i testi delle sue canzoni da solo sul gobbo. Soprattutto quelle che gli ponevano problemi di memoria. E tante volte quando si esibiva lo facevo da suggeritore, tenendogli ben visibile quel gobbo davanti. Ricordo che dell’amicizia, diceva: “L’amicizia non chiede niente in cambio, solo un po’ di manutenzione”.

E ancora, sono tanti gli accenni al pensiero di Brassens che Chierici fa nel libro edito da Villani. Ad esempio, parlando del suo essere anarchico, diceva: “Sono anarchico a tal punto che attraverso la strada sulle strisce pedonali per evitare ogni discussione con le forze dell’ordine”.

Senza Brassens, probabilmente, non sarebbero esistiti molti dei cantautori italiani degli anni Sessanta che da Brassens sono stati ispirati e a lui si sono ispirati nella loro attività musicali. Di Bocca di Rosa che nasce grazie a una canzone di Brassens (Brave Margot) abbiamo già detto. Ma in tanti pensano che Il gorilla sia una canzone di De Andrè, anziché solo la traduzione in italiano di una canzone di Georges Brassens. E non è l’unica…

Giancarlo Passarella, artefice del progetto Brassens, il lucano

 

 

LASCIA UNA RISPOSTA

Per favore inserisci il commento
Per favore inserisci l tuo nome